Una cosa è certa: la nascita di Liberi e uguali, la lista che rappresenterà la sinistra riformista alle prossime elezioni politiche, non è passata inosservata e neanche i più accaniti e faziosi avversari hanno potuto liquidare questo avvenimento come uno dei tanti episodi che in politica lasciano il tempo che trovano. Di qui le molte critiche, polemiche e persino accuse che osservatori e avversari e concorrenti politici hanno voluto dedicare alla nuova formazione guidata da Piero Grasso.
Alcune sono polemiche ripetitiive e soprattutto sciocche. Del tipo: alla fine chi comanda sarà D’Alema e magari anche Bersani mentre Grasso farà solo la foglia di fico. Roba, questa sì, vecchia e che lascia il tempo che prova. Basta ricordare che tanto D’Alema che Bersani che Grasso (lo ha addirittura detto nel suo discorso) non sono e non sono mai stati seguaci della teoria dell’uomo solo al comando. Queste cose, quindi, è meglio lasciarle ad altri da anni ossessionati dal problema di chi è il capo e di che fa D’Alema.
Vale invece la pena di dedicarsi a due critiche certamente prevedibili, ma anche opposte tra loro. Alcuni dicono che quella che è nata all’Atlantico sarà la solita ridotta sinistra “massimalista, identitaria e rancorosa“. Poi, magari, le stesse persone aggiungono che, avendo deciso di chiamarsi Liberi e uguali, gli scissionisti hanno ignorato (almeno nel titolo) la parola sinistra. Insomma: da un lato la nuova formazione politica sarebbe un esempio di estremismo e radicalità, dall’altro non sarebbe abbastanza di sinistra. Sembra, ricordando la famosa definizione di Aldo Moro, di essere davanti alle “divergenze parallele“.
Andiamo con ordine. La nuova forza politica non è certamente massimalista. Anzi. Basta aver seguito il percorso che ha portato alla sua formazione o anche soltanto i discorsi di domenica scorsa (quello di Grasso ma non soltanto quello) per capire che Liberi e uguali si colloca saldamente nello spazio socialdemocratico che proprio Il Pd ha lasciato sguarnito, magari perchè attratto dalla vocazione di dover per forza allearsi ove possibile con gli Alfano, i Verdini e non solo. Ecco, in questo senso il nuovo soggetto è anche identitario perchè non vuole perdere la sua identità e i suoi punti di riferimento non soltanto in Italia. Se per il Pd di Renzi il riferimento sarà Macron, quelli di Liberi e uguali saranno Corbyn, Melanchon e Sanders. I quali forse, più di Macron, hanno raccolto l’eredità dei Brandt e degli Schmidt. Magari al netto degli Schroeder e dei Blair.
Quanto all’accusa di rancorosità forse, vista l’aggressività di alcuni commenti. sarebbe meglio andarla a cercare dalle parti del Pd di Renzi e di alcuni suoi zelanti sostenitori.
C’è, poi, la questione del nome che non sarebbe abbastanza di sinistra. Ora credo che la collocazione politica di una forza politica la diano i contenuti, il programma e le scelte parlamentari piuttosto che il nome. Quanto a “Liberi e uguali” a me sembra che quel titolo evochi i principi della Rivoluzione francese, dalla quale è nata la sinistra dell’era moderna. Quella liberale, quella democratica, ma anche quella socialista. E, perchè no, anche un po’ giacobina. E su questi punti è difficile dire che Liberi e uguali non sia un soggetto politico di sinistra.
In questo quadro non è mancato chi come Marcello Sorgi su “la Stampa” di oggi, dopo un’accorta e intelligente analisi del discorso di Grasso all’Atlantico, si è spinto fino al punto di ipotizzare che lo stesso e la sinistra che lo sostiene, proprio per la fragilità del quadro politico che si prevede uscirà dalle elezioni, possano diventare “interlocutori, forse alleati di un governo a 5 stelle“. Previsione al momento affrettata e prematura, soprattutto per quanto riguarda un’alleanza di governo: tanto per i 5 stelle che per Grasso e la sinistra riformista che lo sostiene. Mai dire mai. Ma, al momento, siamo dinanzi a un periodo ipotetico di terzo tipo, ovvero dell’irrealtà.
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Nella foto: Roberto Speranza, Piero Grasso, Pippo Civati, Nicola Fratoianni
Il giorno dopo di Liberi e uguali nei giudizi degli avversari e degli osservatori
Una cosa è certa: la nascita di Liberi e uguali, la lista che rappresenterà la sinistra riformista alle prossime elezioni politiche, non è passata inosservata e neanche i più accaniti e faziosi avversari hanno potuto liquidare questo avvenimento come uno dei tanti episodi che in politica lasciano il tempo che trovano. Di qui le molte critiche, polemiche e persino accuse che osservatori e avversari e concorrenti politici hanno voluto dedicare alla nuova formazione guidata da Piero Grasso.
Alcune sono polemiche ripetitiive e soprattutto sciocche. Del tipo: alla fine chi comanda sarà D’Alema e magari anche Bersani mentre Grasso farà solo la foglia di fico. Roba, questa sì, vecchia e che lascia il tempo che prova. Basta ricordare che tanto D’Alema che Bersani che Grasso (lo ha addirittura detto nel suo discorso) non sono e non sono mai stati seguaci della teoria dell’uomo solo al comando. Queste cose, quindi, è meglio lasciarle ad altri da anni ossessionati dal problema di chi è il capo e di che fa D’Alema.
Vale invece la pena di dedicarsi a due critiche certamente prevedibili, ma anche opposte tra loro. Alcuni dicono che quella che è nata all’Atlantico sarà la solita ridotta sinistra “massimalista, identitaria e rancorosa“. Poi, magari, le stesse persone aggiungono che, avendo deciso di chiamarsi Liberi e uguali, gli scissionisti hanno ignorato (almeno nel titolo) la parola sinistra. Insomma: da un lato la nuova formazione politica sarebbe un esempio di estremismo e radicalità, dall’altro non sarebbe abbastanza di sinistra. Sembra, ricordando la famosa definizione di Aldo Moro, di essere davanti alle “divergenze parallele“.
Andiamo con ordine. La nuova forza politica non è certamente massimalista. Anzi. Basta aver seguito il percorso che ha portato alla sua formazione o anche soltanto i discorsi di domenica scorsa (quello di Grasso ma non soltanto quello) per capire che Liberi e uguali si colloca saldamente nello spazio socialdemocratico che proprio Il Pd ha lasciato sguarnito, magari perchè attratto dalla vocazione di dover per forza allearsi ove possibile con gli Alfano, i Verdini e non solo. Ecco, in questo senso il nuovo soggetto è anche identitario perchè non vuole perdere la sua identità e i suoi punti di riferimento non soltanto in Italia. Se per il Pd di Renzi il riferimento sarà Macron, quelli di Liberi e uguali saranno Corbyn, Melanchon e Sanders. I quali forse, più di Macron, hanno raccolto l’eredità dei Brandt e degli Schmidt. Magari al netto degli Schroeder e dei Blair.
Quanto all’accusa di rancorosità forse, vista l’aggressività di alcuni commenti. sarebbe meglio andarla a cercare dalle parti del Pd di Renzi e di alcuni suoi zelanti sostenitori.
C’è, poi, la questione del nome che non sarebbe abbastanza di sinistra. Ora credo che la collocazione politica di una forza politica la diano i contenuti, il programma e le scelte parlamentari piuttosto che il nome. Quanto a “Liberi e uguali” a me sembra che quel titolo evochi i principi della Rivoluzione francese, dalla quale è nata la sinistra dell’era moderna. Quella liberale, quella democratica, ma anche quella socialista. E, perchè no, anche un po’ giacobina. E su questi punti è difficile dire che Liberi e uguali non sia un soggetto politico di sinistra.
In questo quadro non è mancato chi come Marcello Sorgi su “la Stampa” di oggi, dopo un’accorta e intelligente analisi del discorso di Grasso all’Atlantico, si è spinto fino al punto di ipotizzare che lo stesso e la sinistra che lo sostiene, proprio per la fragilità del quadro politico che si prevede uscirà dalle elezioni, possano diventare “interlocutori, forse alleati di un governo a 5 stelle“. Previsione al momento affrettata e prematura, soprattutto per quanto riguarda un’alleanza di governo: tanto per i 5 stelle che per Grasso e la sinistra riformista che lo sostiene. Mai dire mai. Ma, al momento, siamo dinanzi a un periodo ipotetico di terzo tipo, ovvero dell’irrealtà.
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Nella foto: Roberto Speranza, Piero Grasso, Pippo Civati, Nicola Fratoianni
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Guido Compagna
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