Caro Gigi, cari Compagni dell’Argine,

devo subito dire che mi fa molto piacere di trovarmi in compagnia del papà di Pizzolo. Sono fiero del paragone e provo a rispondere sulla base delle mie convinzioni. Dico subito che non mi piace il termine “fronte” perché troppo antico. Parlerei di Alleanza o di coalizione. Il mio amico Marco Follini ha parlato di un’Arca, termine che rende l’idea della disgrazia e della capacità di recupero di tutte le specie viventi, anche gli animali feroci. Insomma si può cercare una definizione meno legata al Novecento.

Qual è il problema che mi sono posto?

Nelle ultime settimane, dopo un voto catastrofico per la sinistra, sono avvenuti alcuni fatti che hanno radicalmente cambiato la scena politica. Il primo è indubbiamente il tentativo, che mentre scrivo non so ancora se andrà in porto, di formare un governo fra due forze anti-europee, una abbastanza xenofoba, con una capacità di falsificazione della realtà che gli italiani in gran parte non hanno visto o non hanno voluto vedere.

Il secondo fatto è che la sinistra sconfitta si è immediatamente spappolata. Noi che volevamo costruire una sinistra riformista radicale, ovvero per non usare un parola sola “socialista”, siamo stati imbrigliati nel burocratismo prima di Articolo 1 poi di LeU. Questo rassemblement ha predicato il cambiamento ma ha prodotto solo la proposta di tagliare le tasse universitarie. Il suo gruppo dirigente porta la responsabilità della vittoria mancata delle precedenti elezioni che ha preparato quella attuale Molti di loro hanno condiviso per un lungo tratto le scelte di Renzi.

La novità, però, è che il voto non ha solo stritolato anche il Pd ma ha colpito al cuore il renzismo. In questo Pd Renzi è ancora magna pars ma non è più il proprietario perché migliaia di elettori hanno abbandonato e dopo il voto è cresciuta una fronda interna sia fra i maggiorenti sia per iniziativa di alcuni giovani dirigenti. Che serve fare i maestrini con chi, anche se tardi, cerca di togliersi di dosso la cappa renziana?

Il voto che ha premiato Lega e 5 Stelle ha una storia ormai ultra-nota che è per tanti aspetti una storia che riguarda gran parte dell’Europa e del mondo occidentale, a partire dagli Usa. Tuttavia in questa avanzata di quelli che chiamiamo populismi, e che sono semplicemente destre, c’è la responsabilità di una sinistra che ha rinunciato, dopo la caduta del Muro di Berlino, a darsi obiettivi di trasformazione. Anche semplicemente riformisti. Prima della caduta del Muro, ad esempio, la socialdemocrazia europea è stata piena di obiettivi di trasformazione.

Negli anni più recenti l’omologazione culturale della sinistra al pensiero dominante ha proceduto nei due sensi. Da un lato nel senso liberista e, quindi, non ha mai cercato di contrastare lo strapotere finanziario, dall’altro lato non si è accorta della crescita di fenomeni sovranisti che non sono un ritorno alle patrie ma l’accondiscendenza di alcune elites europee verso nuovi potenti, fra cui Putin prima e ora Trump.
Il popolo ha seguito i “populisti” perché hanno scelto un linguaggio più semplice e diretto, perché hanno proposto rimedi per le loro paure immediate, perché fra l’elite sofisticata e l’elite “sporcacciona” ha preferito la seconda. Era già accaduto con Berlusconi.

Questo stato delle cose ha in sé molte contraddizioni. La crisi politica ha rivelato, infatti, che il movimento 5 Stelle è collocato a destra ma non senza sofferenze. Bisogna lavorarci su.
In ogni caso siamo arrivati di fronte ad una situazione di pericolo totale. La difesa che a sinistra si fa del professor Savona è indecente. Savona avrebbe scassato l’Italia e può ancora farlo, non perché è cattivo, lo è anche, ma perché il suo progetto di fuoriuscita dall’ euro e rovinoso ed è il più grande regalo per Trump e per Putin.
Questa destra sarà feroce verso i più poveri, soprattutto immigrati e appena riprenderà il conflitto sociale userà il ministero dell’Interno contro le posizioni critiche.
Questa destra attaccherà i diritti personali e farà poco o niente per quelli sociali che oggi dichiara di voler proteggere.

In questi casi ci si difende. In questi casi si può contare sul sussulto democratico di chi, pur scontento, non ha voglia di finire in una Ungheria peggiore di quella di Orban. Questo popolo c’è. A questo popolo che è stato di centrosinistra, che magari è stato anche dall’altra parte, non possiamo proporre il socialismo. Possiamo, come socialisti del 2020, essere dentro la partita ma dobbiamo offrire un luogo politico plurale, articolato, con obiettivi che facciano capire qual è l’elite e chi difende la povera gente.

Servono obiettivi di trasformazione, certo.
Non è, infatti, una battaglia per resistere. E’ una battaglia per attaccare. Non mi immagino un’alleanza che scriva la sua agenda sulla base di quella del governo ma che scriva una agenda che faccia ballare il governo. E noi abbiamo bisogno di tenere assieme anche il popolo del Pd.
Renzi sa che non può guidare questa roba. Ma noi non possiamo chiedere al Pd di buttare fuori un suo segretario o sperare che questo si faccia un suo partito. Se avessimo fatto così durante la Resistenza, nella battaglia per la Costituente e la Repubblica saremmo stati non l’Italia del dopoguerra ma la Grecia e la Spagna.
Veniamo da una grande storia. Siamo persino, negli ultimi anni della sua vita, riusciti a dialogare e far celebrare alle feste dell’Unità quel reazionario puro che era Indro Montanelli. Suvvia.
Chi vuole stare più a sinistra si accomodi. Io non partecipo alla gara. So che il posto di un socialista anticapitalista sta nel combattere questo rassemblement di destra che non vuole abbattere gli eurocrati ma regalare l’Europa a Trump e un po’ a Putin.
Sono traditori della patria altro che sovranisti.

Foto in evidenza: Luigi Pizzolo e Peppino Caldarola

Questo l’articolo di Luigi Pizzolo a cui si riferisce Peppino Caldarola: “Caro Peppino, caro babbo, parliamone

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