Mentre è facile individuare le ingiustizie e i mali del mondo lo è meno indicare dei nemici. Chi è il mio nemico? Se ci riferiamo alle crisi finanziarie indubbiamente nemico è chi specula e scommette abusando delle proprie informazioni sui mercati e sui debiti. Se pensiamo ai paradisi fiscali, chi evade eludendo le regole del proprio Stato. Se guardiamo alle masse umane che migrano da guerra e miseria, gli schiavisti e i trafficanti che speculano sul diritto alla sopravvivenza. Il nemico può essere impersonale (il moloch o il demiurgo del capitale finanziario) ma può anche essere un comportamento disonesto e illegale. Il male non è un monolite, ma piuttosto uno specchio infranto. Non si può mai essere troppo sicuri dei propri nemici, “simia dei diabolus”. “Il popolo e gli dei” è il titolo di un libro di Giuseppe De Rita e Antonio Galdo, un libro da leggere. Tra le tante cose intelligenti dette dai due autori, che hanno già firmato assieme altre operette dedicate all’eclissi della borghesia e alla scomparsa del ceto medio, un paio almeno possono aiutarci a identificare i nostri nemici. Alcuni giocano a fare gli dei con un linguaggio dogmatico, altri emettono condanne ieratiche a quel che loro appare come inutile disvalore. Il primo si potrebbe chiamare Lloyd Blankfein, capo della banca d’affari Goldman Sachs, retribuito fino a 70 milioni di dollari l’anno: «Sono un banchiere che fa il lavoro di Dio. Ogni mossa della nostra banca può regolare o disordinare l’andamento delle costellazioni finanziare e politiche» (p. 12, De Rita – Galdo). Il nemico, non è tanto lui, una parvenza fissata da un nome, ma la sua abnorme facoltà, il suo deforme desiderio di dominio. Nemico anche il pensiero dominante in un’altra grande banca d’affari internazionale, la JP Morgan. In un rapporto del 2013 si riconosce appieno nella condanna pudica della democrazia e delle costituzioni nate dalla fine dei vari fascismi nei Pigs. Non dovremmo dimenticare (oggi è il giorno adatto) che il prezzo delle nostre sghembe democrazie è anche quello delle tormentate e gloriose nostre uscite dalle tenebre della tirannide. Ad ogni modo in quel rapporto si legge: «Quando la crisi è iniziata era diffusa l’idea che i problemi dell’eurozona avessero una natura prevalentemente economica: debito pubblico troppo alto, difficoltà legate ai mutui e alle banche, tassi di cambio reali non convergenti e varie rigidità strutturali. Ma con il tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei Paesi del Sud Europa, e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’euro» (pp. 13 e 14 De Rita-Galdo). Seguono poi gli elenchi dei presunti limiti: troppi partiti, troppi livelli di rappresentanza, frammentazione, troppi diritti dei lavoratori, troppe licenze a proteste e scioperi. Franco Cassano aveva titolato un suo libro l’umiltà del male, riecheggiando la banalità della Arendt, questa però è spocchia. Comprendere e redimere il male nel bene è sempre stato il desiderio della dialettica, un esercizio giusto per evitare moralismi astratti ma che che può sfociare nell’indistinto trasformando il realismo in ideologia e la relazione in contagio. Non una novità. L’incertezza del nemico, la sua riverenza per gli dei, è altamente descritta da Mefistofele nell’ultima battuta del Prologo del Faust, ma non per questo si deve smettere di perseguitare i nostri nemici: “Rivedere il vecchio di tanto in tanto mi piace, e mi guarderei bene di romperla con lui. E’ pur bello da parte di un sì gran signore trattare così umanamente perfino col diavolo“.

Nella foto di copertina: Il sogno di Tartini, illustrazione di Louis-Léopold Boilly (1761-1845)

La polveriera Guzman fu costruita alla fine del Seicento dagli spagnoli e si trova ad Orbetello. E’ stata piena di esplosivo sino a quando Garibaldi, sbarcato a Talamone, la svuotò per armare i Mille. Non dirò di più per spiegare il motivo di questo titolo

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