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Enrico Rossi: il documento Renzi-Macron un passo avanti, ora tocca alla sinistra promuovere una costituente socialista per salvare l’Europa

Il manifesto per rifondare l’UE a firma di Macron, Renzi e altri apparso di recente costituisce un passo avanti importante sul piano della dinamica politica generale. Sia per l’Europa che per l’Italia. Molti compagni della sinistra interna ed esterna al Pd lo hanno criticato e vissuto con sofferenza, come fosse un fatto “regressivo“. Si sono soffermati sui preliminari e sui dintorni della questione, tra cui ad esempio le ambiguità e le biografie politiche dei sottoscrittori. Per evitare fraintendimenti vorrei, invece, anzitutto definire dal mio punto di vista l’oggetto. Individuarne gli aspetti “progressivi“. Non per sposarlo e difenderlo a tutti i costi. Ma per renderlo utile.

Ci vuole un po’ di analisi differenziata senza mai dimenticarsi del principio di identità e contraddizione. Non possiamo pretendere che una cosa sia se stessa e altro da sé. Non possono essere i liberali a risolvere la “questione socialista“. Stiamo parlando, appunto, di un appello di ispirazione liberale. La famiglia prevalente dei firmatari (Alde) non è omogenea; al suo interno ci sono molte correnti. Si va dai liberisti agli ordoliberali. Tra le sue fila prevale l’idea di un’Europa mercatista e monetarista. Bisogna tuttavia riconoscere a questa famiglia l’eredità ideale dell’illuminismo e dell’universalismo giuridico. Antonio Polito commentando un documento apparso sull’Economist ha richiamato giustamente l’attenzione sul dibattito interno al mondo liberale europeo e sulla sua ricerca di una nuova radicalità ideale. Non possiamo trascurare quello che accade.

Il manifesto di Renzi e Macron si inserisce in questa linea. Una varietà di posizioni politiche esiste anche nel Pse e nel Ppe, con ombre e luci. Basti pensare al Ppe conteso dalla Merkel da un lato e dall’asse tra Orban e i cristiano sociali bavaresi dall’altro. Oppure pensiamo al coinvolgimento durevole del Pse nelle larghe intese; in Germania come in Italia. Tutte queste grandi tradizioni politiche sono in movimento e il tratto predominante dell’appello dei liberali oggi non è la difesa dell’austerità, del fiscal compact e dell’Europa così come. Ma è nei fatti l’ammissione di alcuni errori del passato e il ritorno al principio identitario europeo. Di fronte a noi invece campeggia lo scenario di una distruzione dell’Europa, partita con Brexit e progredita con le elezioni italiane e con la nascita del governo Salvini-Di Maio. La nettezza sta tutta nell’individuazione del fronte avversario, quello anti-europeo dei sovranisti.

Questa frattura percorre l’Italia in lungo e in largo. Lo hanno visto con lucidità gli ideatori di un appello apparso quest’estate in Italia e portato avanti da Massimo Cacciari, arrivando a proporre un’alleanza europea che vada da Macron a Tsipras. Ora bisogna muoversi. Come fa notare oggi Stefano Folli in un commento al Def, far saltare l’Europa è diventato addirittura prioritario agli immediati interessi territoriali ed elettorali della Lega di Salvini. Per questo la Lega di Zaia, Giorgetti e Salvini asseconda quella che Lucia Annunziata definisce con efficacia una “sbruffonata inaccettabile” che aumenterà i debiti delle famiglie e delle imprese, gravando nei “portafogli degli italiani“. Per questo le elezioni del maggio 2019 saranno per l’Europa e per l’Italia il momento della verità. Occorre considerare questa premessa per evitare sottovalutazioni.

Nel merito dei contenuti, ad esempio, ritengo molto più centrato l’altro manifesto apparso nelle stesse ore a firma di Pizzarotti e altri. In quel testo si parla di diritti dei lavoratori su scala europea, di lotta all’evasione e al dumping nel costo del lavoro. Si evoca un New Deal europeo. Anche se non mi è chiara la strategia politica vi scorgo l’ispirazione di Ventotene, per un’Europa socialista e del lavoro. Questi due appelli, ciascuno per proprio conto, sono stimoli molto importanti per il campo socialista e per tutto il popolo della sinistra italiana. Sono l’invito ad uscire dal letargo, dal politicismo, dall’opportunismo e dalla difesa di “ceto” in cui da un po’ di tempo eccellono i gruppi dirigenti delle sinistre interne ed esterne al Partito Democratico. Tra questi prevale spesso una visione corta, schiacciata dalla riconquista della cosiddetta “ditta“. Il congresso non aiuta e semmai acuisce queste tendenze e moltiplica i tatticismi. L’adesione di Renzi al manifesto dei liberali fa invece chiarezza e sprona i socialisti e la sinistra a fare lo stesso, a guardare oltre il recinto dei vecchi partiti.

Ora tocca a Sanchez, al portoghese Costa, ai compagni Orlando, Zingaretti, Martina, Provenzano e a Mdp. È il tempo di promuovere una grande costituente del socialismo e rilanciare anche in Italia il cantiere di un grande movimento del lavoro e dei diritti. Dobbiamo andare oltre il Pd e LeU; uscire dalla pesante sconfitta storica che questi partiti hanno interpretato. Quando avremo fatto questo – e il tempo è davvero poco – potremo “criticare” il blocco liberale, e proporre all’Alde e ai centristi italiani un’alleanza per salvare l’Europa, guardando a una posta in gioco che è di natura epocale. Lavoriamo a un fronte comune per l’Europa, non dividiamoci. È il momento di una politica più “alta” e che traguardi l’orizzonte dei destini individuali.

L’articolo è già stato pubblicato sul Blog di Enrico Rossi sull’HuffingtonPost

Foto in evidenza: Enrico Rossi

 

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