Roma - Cambio della Guardia solenne al Palazzo del Quirinale, con lo schieramento e lo sfilamento del Reggimento Corazzieri e della Fanfara del IV Reggimento Carabinieri a cavallo, in occasione del 153° anniversario dell'Unità d'Italia, oggi 17 marzo 2014.
(Foto di Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Il premierato modello Meloni sembra il regolamento dell’asso pigliatutto. E riduce a notarile il ruolo del presidente della Repubblica.

Brutta storia anche questa volta quella della riforma istituzionale. Almeno a guardare le prime bozze che circolano e le pompose dichiarazioni di esponenti della destra (non tutti) che la accompagnano. Andiamo con ordine. Intanto la solita e vecchia spiegazione per la quale gli italiani eleggeranno così chi li dovrà guidare per tutta la Legislatura.
Più che governare io credo si intenda comandare, visto che i contrappesi che regolano le democrazie moderne e che Vittorio de Caprariis chiamava “le garanzie della libertà” vengono palesemente se non messe da parte di molto ridotte.
E qui viene naturalmente messo in gioco il ruolo del capo dello Stato che oggi nomina i ministri e affida l’incarico al presidente del Consiglio che dovrà avere la fiducia dalle Camere, come si conviene in una repubblica parlamentare. Insomma, un vero e proprio capovolgimento delle regole della Repubblica, a cominciare dalle fondamenta della Costituzione.
Mattarella, prudentemente, evita di farsi trascinare in un braccio di ferro con la giovane presidente del Consiglio. È normale garbo istituzionale e, soprattutto, rispetto del Parlamento che dovrebbe decidere in materia. Al momento in Parlamento, nonostante gli ammiccamenti renziani, una maggioranza pro riforma è tutt’altro che scontato.
Ma, intanto, qualche puntino sulle i dal Quirinale filtra. Meloni ha detto che c’è stata un’interlocuzione con Mattarella. E i più accreditati quirinalisti hanno scritto in questi giorni riferendo l’orientamento del presidente che questa doverosa attenzione si può anche chiamare interlocuzione, ma non è assolutamente consenso.
Naturalmente c’è da chiedersi nel caso che le nuove regole dovessero passare al vaglio delle Camere e del probabile referendum, se Mattarella non dovesse prendere la decisione di dimettersi per dare subito lapossibilità di rendere operative la riforma Meloni.
Insomma, prevedibile un percorso lungo con qualche nota di ottimismo: costituzionalisti di altissimo rango da Giuliano Amato a Flick, ex presidenti della Corte Costituzionale e non solo non hanno esitato a dare un primo giudizio negativo su quanto circola un queste ore. Riserve anche da esponenti del centrodestra come Marcello Pera. Infine: Meloni dice che con la sua riforma non ci saranno più governi tecnici. Potrebbe essere proprio il contrario perché i governi tecnici si evitano con partiti forti, leggi elettorali credibili e senza abnormi premi di maggioranza.
Intanto, segnalo qualcosa di importante e positivo nella vita pubblica italiana: senza consultazioni popolari, senza drammatizzazioni della crisi della politica c’è stato un forte avvicinamento della Corte costituzionale ai cittadini. I giudici hanno condotto un lungo viaggio nelle carceri per parlare di diritti con i detenuti. Di questo si parla nel bel libro di Giuliano Amato e Donatella StasioStoria di diritti e di democrazia. La Corte costituzionale nella società “. Un’Italia migliore è un poco nascosta, ma è ancora possibile.

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Roma – Cambio della Guardia solenne al Palazzo del Quirinale, con lo schieramento e lo sfilamento del Reggimento Corazzieri e della Fanfara del IV Reggimento Carabinieri a cavallo, in occasione del 153° anniversario dell’Unità d’Italia, oggi 17 marzo 2014.
(Foto di Paolo Giandotti – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

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