Tessere PCI

La crisi della rappresentanza politica tra coalizioni e società civile. Servirebbero i partiti veri

Tempo di elezioni, di formazione delle liste, di coalizioni più elettorali (per far voti) che per governare (indicare al Paese una possibile maggioranza). Intorno cittadini che vanno sempre meno a votare, una società civile che si fida sempre meno dei partiti, i quali nel frattempo hanno fatto e fanno il possibile per essere sempre più fragili e in molti casi veri e propri non partiti.
E’ questo, in estrema sintesi il quadro, tutt’altro che confortante, dell’Italia che si avvia ad una sempre più scomposta campagna elettorale. In queste ore si discute soprattutto di coalizioni perchè c’è una nuova legge elettorale (il Rosatellum) che le favorisce come strumento per raccattare più voti. Eppure io credo che per capire la crisi della rappresentanza politica si debba partire dai partiti e dalla loro progressiva delegittimazione da mani pulite in poi.

E allora cominciamo dalla Costituzione, la quale all’attuale articolo 49 recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di assocciarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. E’ così? Certamente era così ed è stato così per tutta la cosiddetta prima repubblica. Furono proprio personaggi politici del calibro di Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti a spiegarci che i partiti politici erano “la democrazia che si organizza”. E organizzandosi funzionava: non c’era il susseguirsi in tv dei talk show politici, ma soltanto Tribuna politica, eppure la gente andava in massa alle urne dimostrando così l’assoluta vitalità del nostro sistema politico.
Poi, in gran parte per le gravi responsabilità degli stessi partiti e della loro esagerata disinvoltura nel gestire la cosa pubblica, si arrivò alla stagione di mani pulite, ai girotondi, alla sopravvalutazione del ruolo della magistratura, all’esaltazione della società civile, contrapposta e considerata di per sè un antidoto alle nefandezze della politica. Insomma a quella che va comunemente ma impropriamente sotto il nome della seconda Repubblica. I partiti tradizionali si sono a loro volta autorottamati o quasi, assumendo denominazioni e simboli diversi. Sono nati, in successione diverse, nuovi soggetti politici: da Forza Italia e ai 5Stelle a rappresentare più che la politica l’antipolitica.
Si è così diffusa anche a sinistra l’idea che i partiti dovessero essere leggeri, liquidi, talvolta gassosi. E che al loro interno dovesse esserci più società civile e meno politica. E così c’è stato prima l’Ulivo e poi il Pd. Fondati entrambi sul mito delle primarie. Le quali sono certamente un sistema utile per scegliere possibili candidati a cariche elettive (sindaci, presidenti di regioni, parlamentari soprattutto nei collegi uninominali) ma sono assai meno adatte a scegliere un segretario di partito, che magari gli iscritti a quel partito avrebbero diritto di scegliere con adeguate procedure e garanzie congressuali.
Siamo così arrivati ai nostri giorni con i partiti deboli, con la gente che non va più a votare, e con un succedersi di tentativi (per fortuna il più della volta falliti) di risolvere problemi politici con espedienti di ingegneria costituzionale. Nello stesso tempo i partiti sono sempre meno connessi con la società civile, il campo della politica è sempre meno largo. E in quel campo prende sempre più spazio la destra.

Intanto il centrosinistra, più che diviso è frammentato e insicuro, e non credo bastino i confusi tentativi di rabberciarlo con confuse trattative last minute, che pur affidate a un politico generoso e rispettabile come Fassino, sembrano più teatro che realtà. Il problema vero è riportare la gente nel campo della politica e delle istituzioni con il ritorno al voto. E per questo servirebbe il ritorno ai partiti. A quelli veri con una propria identità, con una propria organizzazione, e soprattutto che siano in grado di intercettare la società civile e non certo di affidare ad essa con primarie improvvisate e poco garantite (vedi Napoli e non solo) la scelta dei propri dirigenti.

Certo ora ci sono le elezioni. E la costruzione di un partito non si improvvisa. Qualcosa a sinistra sta nascendo e in parte è già nata con il ritrovarsi per fare una unica lista di Articolo 1, Sinistra italiana e Possibile e magari qualche altra parte di società civile che non si è ancora riconoscita in questo percorso come il movimento del Brancaccio. Ma alla fine il problema della rappresentanza politica avrà e continuerà ad aver bisogno di partiti. Che non abbiano paura di esserlo e che siano il meno liquidi e gassosi possibile!

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