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La diga anti-nazisti sta cedendo

A destra della CSU non deve e non può esserci nessun partito”, ammoniva l’allora leader dei Cristianosociali tedeschi Franz Josef Strauß a metà degli anni ‘80. Per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale un partito nazional-conservatore, i “Repubblicani”, stava allargando in quel momento la sua base di consenso in Germania. I timori di Strauß erano fondati: pochi anni dopo i “Repubblicani” e un altro partito di estrema destra, l’ ”Unione Popolare Tedesca” (DVU) sarebbero entrati in vari parlamenti regionali.

Sullo sfondo c’erano le ansie per il futuro economico del paese legate alla Riunificazione nonché le crescenti tensioni generate dall’arrivo di migliaia di profughi provenienti dalla guerra in Jugoslavia. Alla situazione di crisi si aggiunse all’inizio degli anni ‘90 un’ondata di violenza che, partendo dalle regioni dell’Est si propagò rapidamente in tutta la Germania Unita: gruppi di estrema destra iniziarono ad attaccare in modo mirato immigrati e centri di accoglienza. Secondo alcune stime i neonazisti hanno ucciso nel decennio 1990-2000 più di 100 persone, soprattutto immigrati.

Coll’assestarsi della situazione economica e il drastico calo dei flussi migratori la situazione tornò a stabilizzarsi – almeno sul fronte politico. Repubblicani e DVU fallirono l’ingresso nel Parlamento Federale e la speranza/promessa di Strauß fu confermata: l’alleanza dei partiti cristiani CDU e CSU rimase così una casa per tutti i conservatori e allo stesso tempo una diga contro la risorgenza del nazionalismo.

Fino ad oggi.

Coll’ingresso dell’Alternativa per la Germania (AfD) nel Bundestag è cambiato tutto. Certo, col suo 12,6 per cento l’AfD resta sotto la soglia di popolarità di altri partiti della destra populista europea come la “Lega”, l’FPÖ austriaco o il “Front National” – ma la sua influenza sulla vita politica e sociale tedesca è ormai un dato di fatto. Da un lato l’agenda politica appare più che mai dominata dai temi cari agli alleati di Salvini e Le Pen – sicurezza e immigrazione. Dall’altro è innegabile che l’AfD abbia scardinato il tradizionale sistema degli schieramenti – soprattutto a destra.

Ciò è apparso particolarmente evidente dopo le manifestazioni razziste seguite alla morte di un 35enne tedesco-cubano nella città di Chemnitz. Per alcuni giorni la piccola città della Sassonia è stata in balia di gruppi di ultras e neonazisti che, colla scusa di manifestazioni di protesta, hanno aggredito e intimidito immigrati, giornalisti e passanti.

Fino ad oggi le reazioni a questo genere di provocazioni sono sempre state unanimi in Germania: tutti i partiti del Bundestag pronunciano una condanna del deplorevole episodio e poi si torna al normale ordine del giorno. Non così dopo Chemnitz: L’ “Alternativa per la Germania” ha prontamente convocato nella cittadina una veglia di protesta contro la politica migratoria di Angela Merkel a cui hanno partecipato esponenti dell’ultradestra e del movimento islamofobo Pegida.

Sul fronte moderato la stessa Cancelliera ha espresso una veemente condanna delle violenze. Poco dopo il suo collega di partito e presidente della Sassonia Michael Kretschmer (CDU) ha tuttavia negato che vi sia mai stata una “caccia all’immigrato”, arrivando fino a giustificare gli episodi di violenza parlando di “comprensibili timori” della popolazione locale.

Il ministro degli Interni Horst Seehofer (CSU), dopo aver mantenuto un insolito riserbo sulla questione, si è schierato a sua volta a fianco dei “cittadini furiosi” definendo l’immigrazione “la madre di tutti i mali”.

E’ abbastanza evidente che cosa sta accadendo: in Baviera, dove si vota ad ottobre, l’AfD è data nei sondaggi intorno al 15 per cento. La CSU rischia invece di prendere una batosta storica e perdere – per la seconda volta dal 1949 – la maggioranza assoluta. In Sassonia, dove si andrà alle urne tra un anno, la destra populista è addirittura primo partito col 25 per cento dei consensi.

Basterebbe poco a rimettere in asse il dibattito. Basterebbe, ad esempio, che la CDU/CSU parlasse maggiormente dei successi conseguiti nella gestione dell’ “emergenza profughi”, dice la politologa Petra Bendel: un quarto dei richiedenti asilo giunti dal 2015 in Germania ha già un lavoro. Permangono, è vero, sacche di malessere – soprattutto nell’ex Germania Est – ma l’economia tira, il reddito pro capite sale e la disoccupazione è a un minimo storico.

E invece, nel tentativo di arginare l’emorragia di voti verso l’AfD, l’ala conservatrice della CDU/CSU sta alimentando un clima di tensione e insicurezza che di fatto sospinge gli elettori nelle braccia dei populisti. Questi ultimi, sebbene abbiano tentato per anni di mantenere le distanze dall’estrema destra, stanno a loro volta aprendo a estremisti e neonazisti. Se fino ad oggi l’accusa di radicalismo valeva a far perdere voti ai conservatori, nell’attuale quadro politico essa può essere indossata come una medaglia al valore.

In altri paesi d’Europa la saldatura tra destra radicale e destra moderata è già un dato di fatto. Che ciò accada adesso anche in Germania desta però molte preoccupazioni. La diga di cui parlava Strauß – il baluardo contro il ritorno di oscuri fantasmi del passato – sta cedendo.

Foto in evidenza: Migliaia di persone a Chemnitz, alla manifestazione-concerto contro la xenofobia e l’odio propagato dall’estrema destra

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