Partito della spesa

La fervida fantasia del partito unico della spesa

Nella campagna elettorale permanente prende vigore il partito unico della spesa. I politici fanno a gara per indebitare di più le generazioni future a beneficio delle attuali, spesso quelle più garantite.
Il dibattito estivo è stato avviato da Matteo Renzi con la proposta del 2,99% di deficit per i prossimi 5 anni (rispettando a suo modo la regola di Maastricht). Una autorizzazione preventiva europea a continuare nel deficit spending dei 1000 giorni del suo governo, che ha goduto pure del forte calo del costo per interessi sul debito, grazie al Quantitative easing.

Nel meeting di Cernobbio, Luigi Di Maio, il disarmante candidato premier dei 5stelle, ha lanciato la sua idea di “modello spagnolo di Rajoy”, in ciò seguito da Matteo Salvini, pure presente all’incontro: fare “come la Spagna che cresce con un deficit al 5%”. Tutti con la stessa ricetta: più deficit per investimenti che, tra i 5 Stelle, diventano “reddito di cittadinanza”, nella Legaflat tax”, tra i renziani contributi per le nuove assunzioni, bonus e mance.
Ignorano le riforme spagnole, molto più radicali delle nostre, a seguito delle quali la Commissione ha concesso una flessibilità, pure consentita da un rapporto debito/PIL più basso di quello italiano. La Spagna ha eliminato i contratti nazionali, decentrando la contrattazione in azienda; riforme che Di Maio e Salvini si guardano bene dal proporre.
Ora il governo Rajoy è impegnato a ridurre il deficit al 3,1% nel 2017 e al 2,2% nel 2018. Con una disoccupazione assai più alta dell’Italia, la Spagna cresce per i consumi, anche turistici, mentre la spesa pubblica vi contribuisce poco. Pesano quelle dure riforme, da cui è derivato un costo del lavoro per unità di prodotto in calo e una produttività oraria in crescita. Da qui la fiducia dei mercati e lo spread del Bonos decennale sul Bund tedesco a 120 punti, contro i 172 del BTP.

A Cernobbio Di Maio e Salvini hanno fatto marcia indietro sull’euro. Per il M5S (salvo smentite future) il referendum sull’euro è una “leva negoziale” se non ci concederanno l’aumento del deficit.
Nella gara a chi offre più debito, si distinguono gli esponenti della sinistra di MDP – politici di grande esperienza amministrativa (Enrico Rossi) o di Governo (D’Alema, Bersani) – i quali parlano piuttosto di spostare risorse dalle agevolazioni fiscali e bonus per tutti a spese per investimenti, più efficaci in termini di crescita. Insomma, proposte coerenti con la realtà e con la tecnica, che gli economisti definirebbero “riqualificazione della spesa”.

La fantasia dei teorici del partito del debito è senza limiti. Sui giornali di destra si è raccontata l’idea di Berlusconi della “soluzione comune” per unificare il centro destra sull’euro. La doppia moneta: l’euro, per gli scambi con l’estero, l’altra per il mercato interno. Una sorta di “via di mezzo” tra l’uscita dall’euro della Lega e la posizione europeista di Forza Italia.
Scrive Berlusconi: “Noi proponiamo un utilizzo interno della seconda moneta per rilanciare i consumi e la domanda … Siamo convinti che la nostra idea sia compatibile con i trattati europei”. Obiettivo dichiarato recuperare in parte la sovranità monetaria dello Stato, obiettivo reale espandere oltre i limiti la spesa. Una proposta impossibile formalmente (solo la BCE può emettere moneta) e per la certa opposizione dell’Unione Europea. Questa “moneta della libertà” entra nel filone delle cripto monete e sistemi di pagamento alternativi, cari pure ai 5 Stelle. Verrebbe erogata (gratuitamente?) ai cittadini per tre anni e poi servirebbe solo a pagare le imposte. Non sarebbe inflazionistica perché il miracolo della crescita così generata farebbe aumentare PIL e gettito fiscale. Completerebbe il miracolo la flat tax della Lega.

Per capirne l’assurdità basta l’art. 1277 del codice civile: “I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale. Se la somma dovuta era determinata in una moneta che non ha più corso legale al tempo del pagamento, questo deve farsi in moneta legale ragguagliata per valore alla prima’’. Quindi, debiti resterebbero in euro e , in caso di uscita, aumenterebbero per la svalutazione della moneta interna.
La reazione del prof. Prodi è stata tranchant: “Berlusconi si faccia curare.. (la proposta) …non ha alcun senso, sono i giochini che si facevano nell’ottocento per qualche mese e poi non reggevano, creano strutture artificiali di mercato che servono solo alle speculazioni”. Anche Salvini ha giudicato la proposta “vecchia di 70 anni”; persino Claudio Borghi, economista della Lega ha Twittato: “Perché la doppia moneta di Berlusconi è una fesseria? 1) non si può fare 2) i debiti rimangono in euro, e sei morto”; “La differenza fra i debiti in propria valuta e quelli in euro è un piccolo ‘non’, prima delle parole “ti pago”.
Per Borghi e la Lega, la soluzione sono i minibot, come moneta parallela e provvisoria per facilitare l’uscita in sicurezza dall’euro. Essendo impossibile stampare moneta, Borghi propone l’emissione di Bot senza interessi per pagare i debiti della Pubblica Amministrazione. Minibot cartacei da 5 a 500 euro, di aspetto e colore simile alle attuali banconote, per un ammontare analogo alle banconote in circolazione, ciò per l’assunto di Borghi che i debiti della P.A. abbiano un valore analogo (attorno ai 100 miliardi). I minibot sarebbero negoziabili e utilizzabili per gli acquisti normali. Uscendo dall’euro (eurexit), non ci sarebbero problemi in quanto avremmo già la nostra nuova moneta. Secondo il fantasioso economista si tratterebbe solo di un atto di giustizia verso i creditori dello Stato. E, invece, è una castroneria, che ignora anche leggi antiche come quella di Grisham: “la moneta cattiva scaccia quella buona” (nota 1).

Infatti, i minibot non si potrebbero usare all’estero e, poiché in caso di eurexit saranno la nuova moneta, svalutata, ci sarà una spinta ad offrire minibot in giro e a trattenere euro. Le famiglie terrebbero gli euro o li esporterebbero. Sorgerebbe un mercato nero tra euro e minibot e l’Italia finirebbe come i paesi del socialismo reale, quando la loro moneta all’estero non aveva alcun valore e il commercio internazionale avveniva in moneta pregiata. Nulla dice Borghi sui depositi bancari; come se i risparmiatori davanti a una possibile eurexit restassero tranquilli senza prelevare o esportare i propri risparmi per evitare la svalutazione.

Il “partito unico della spesa”, ha già iniziato il balletto delle proposte per utilizzare le risorse della nostra timida crescita, il “tesoretto” che non c’è, nella prossima legge di Bilancio.
 Dopo la riduzione dell’IMU e dell’IRAP, Renzi potrebbe uscire all’ultimo momento con un taglio all’Irpef, mentre è già sul tavolo il ritorno, riveduto e corretto, degli incentivi alle assunzioni. Poi ci sono gli insegnanti, scontenti della “Buona scuola“, verso i quali la ministra Fedeli dice che dovrebbero essere pagati “il doppio di quando prendono adesso“. Ancora, il rinnovo del contratto degli statali per il quale servirebbero diversi miliardi per evitare che l’aumento levi a tanti impiegati pubblici il bonus di 80 euro. Non manca l’on. Damiano che, per “evitare la contrapposizione tra giovani e anziani“, vuole evitare l’innalzamento di tre mesi dell’età pensionabile per le aspettative di vita, al costo fino a 3 miliardi se si aggiunge il rinvio della parificazione tra uomini e donne dell’età pensionistica. E come non inserire sia la pensione di garanzia per i giovani che andranno in pensione col solo contributivo sia gli aiuti alle famiglie, da concentrare sul reddito familiare?
 Sono queste assurdità che rendono l’Italia inaffidabile. Persiste la negazione della realtà della classe politica. Ogni leader offre la sua ricetta per spendere di più. Cose che, prese alla lettera, dovrebbero condurre già ora a massicce fughe di capitali. Se ciò non accade è perché lo impedirà la Commissione Europea: nessun “tesoretto” potrà essere utilizzato per ridurre la manovra, già attenuata con la flessibilità concessa che la riduce a meno di 7 miliardi. Col terzo debito pubblico del mondo, non ci è consentito certo di aumentarlo ancora.


1. La legge di Gresham, teorizzata da Thomas Gresham nel XVI secolo, afferma l’assunto per cui “la moneta cattiva scaccia quella buona“. In altre parole, definisce la tendenza degli operatori economici (all’epoca erano mercanti, cambiavalute, e banchieri) da una parte, a pagare con monete danneggiate, con minor valore intrinseco (in termini di metallo prezioso contenuto) e ad accettare solo monete nuove, dal valore intrinseco pieno. Questo comportamento fa sì che sempre più monete “buone” siano trattenute da chi le possiede, mentre per le transazioni saranno sempre più usate le “cattive“.

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