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La “follia” di un leader

La Direzione del Pd di lunedì 4 luglio sarà ricordata negli annali come il momento politico della follia di un leader. Dalle opposizioni sono venute proposte ragionevoli, sull’Italicum, sulla libertà di voto per il SI o per il NO al referendum e, con Enrico Rossi, è venuto alla ribalta una piattaforma sociale che potrebbero essere la base elementare di un governo della sinistra che vuole contendere voti e consenso ai populisti.

Renzi, invece, ha scelto la sua solita strada. Ha criminalizzato le opposizioni, ha stabilito che dopo di lui c’è il diluvio, ha dato alle sue battaglie, in questo caso il referendum istituzionale, il significato di un giudizio di dio non per sé ma per la vita del parlamento, ha ribadito che non c’è nulla da cambiare.
Per la prima volta siamo di fronte a un leader occidentale che non vuole e non sa analizzare quel che gli accade attorno. Chi volesse trovare analisi e giudizi di prospettive dopo la Brexit non troverà un rigo in Renzi. Chi volesse trovare una spiegazione del voto pro-5Stelle nelle amministrative non troverà una parola in Renzi. Chi si interroga sui mali italiani si sentirà rispondere che con l’Italicum e il senato finto che Renzi ha inventato l’Italia risolverà suoi problemi.

Lo schema politico di Renzi è il antico e caduco: nemico-amico, fino a includere fra i nemici i renziani dubbiosi. Stalin scriveva che più si andava avanti nel socialismo più crescevano i nemici. Tesi straordinaria perché sarebbe stata normale il contrario. Ma Stalin si riferiva al fatto che crescevano per il suo modo di governare i nemici. Renzi, che non è Stalin, sostiene la stessa idea perché pensa che tutto ciò che non gli riesce di fare dipende da nemici interni, inventando così il socialfascismo del post 2000.
Tuttavia ciò che stupisce della discussione di lunedì è che tutte le opposizioni, forse caricando di significati quel che dicevano, avevano preoccupazione per le condizioni dell’Italia profonda e temevano che da lì nascessero i problemi politici che vedono tuttora prevalere i movimenti populisti e domani, forse, di una destra riunificata.

Renzi invece non vede niente. Senza le opposizioni interne il sui cammino sarebbe radioso. L’Italia è ottimista e in parte già liberata dai suoi affanni, in Europa la nostra leadership è solida. Non c’è niente di vero, in tutto ciò.
Siamo invece un paese che dopo un biennio renziano non ha cambiato i fondamentali dell’economia reale, che ha creato un disastro istituzionale, che assiste a una occupazione del potere scandaloso, che oggi si estende anche ai servizi segreti, che sta coltivando il sogno di un avversario di destra o anti-sistema che mandi a casa Renzi.

Qui c’è la scelta strategica delle sinistre del Pd. E’ giusto, tuttora, non favorire il collasso strutturale del governo. Personalmente penso che la nomina di Carrai a capo delle Ciber-sicurezza sia un vulnus democratico. Tuttavia è bene darsi tempi medi e non scorciatoie. E’ necessario, come dice Rossi, tentare la carta di una finanziaria sociale e di leggi elettorali e istituzionali il più possibile sottratte al braccio di ferro renziano. Questo fino a che Renzi lo consentirà. Se sceglierà che “molti nemici molto onore”, noi si starà dalla parte dell’onore. I nemici se li scelga lui.

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