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La storia di Craxi non è solo Hammamet. Nel film di Amelio manca la politica

Lo dico subito: a me il film di Amelio sul triste finale della storia di Craxi non è piaciuto, anzi mi ha infastidito e in alcuni passaggi fatto arrabbiare. Certo io sono un giornalista politico e sono stato da giovane un militante socialista autonomista, cioè della corrente di Nenni e di Craxi. E non sono certo un esperto di cinema, nè tanto meno un critico. Del resto proprio il regista, in diversi interventi e interviste, ha voluto mettere le mani avanti, spiegando che il suo obbiettivo non era quello di raccontare una storia politica ma quello di descrivere gli aspetti umani di essa.

Ma allora la domanda che mi pongo è se sia possibile e soprattutto utile raccontare questo drammatico e cupo finale della vita, per molti aspetti tragica, di uno dei maggiori leader socialisti del Novecento, mettendo da parte la politica e, perchè no, il socialismo, del suo protagonista. E’ certamente possibile, visto che il film di Amelio riesce a farlo, e in alcuni casi con successo, vista la bravura di un Favino in stato di grazia, che interpreta il suo ruolo come se fosse il vero Craxi. E altrettanto bravi sono Cederna e Carpentieri, nei rispettivi ruoli di Vincenzo, un dirigente socialista che alla fine si suiciderà e di un esponente politico, probabilmente la sintesi di più personaggi democristiani, passati anche loro (meno drammaticamente) per vicende giudiziarie analoghe a quelle del leader socialista.

Non mi ha invece convinto la descrizione che Amelio ha fatto dei familiari di Craxi, con una figlia che sembra una sorta di Maria Goretti e un figlio minore che tutt’al più sa suonare la chitarra, mentre la moglie sembra quella che meglio si adatta alla vita di quello, che, al netto delle sentenze giudiziarie, è comunque un esilio. O almeno così lo hanno ritenuto, dal punto di vista umano e politico Craxi e i suoi familiari. Pur restando il fatto che in sede giudiziaria il leader socialista è stato da chi di dovere (i magistrati) ritenuto “contumace e latitante“.

Ma in tutto questo quadro quella che manca è la politica. Anzi la storia politica. Ci sono le tangenti, anzi le “dazioni“, secondo la definizione in voga ai tempi, ci sono le bustarelle che girano nell’enturage socialista della Milano da bere, ci sono gli avventurosi personaggi che circondano il leader politico, ma non c’è la politica, neanche la dura contrapposizione tra socialisti e comunisti. E, soprattutto, non ci sono le conseguenze politiche che quelle vicende giudiziarie, ma non soltanto giudiziarie, hanno avuto sulla storia politica del Paese.

Qualcuno nel dibattito confuso e farraginoso che si è aperto in questi giorni ha persino detto che Craxi è stato un precursore del populismo di oggi. Ma questa è una sciocchezza assoluta. Il leader socialista è stato il più accanito avversario delle derive antipolitiche, che già ai suoi tempi cominciavano ad annunciarsi. Vale la pena ricordare che si oppose, quasi in solitudine, ai referendum elettorali di Segni, invitando (con scarso successo) gli italiani ad andare al mare. E soprattutto difese più che mai il ruolo e lo spazio dei partiti politici, senza cadere in facili suggestioni maggioritarie.

Io credo che, in tempi come quelli che stiamo vivendo, nei quali la politica è messa ai margini dalla incompetenza ed inconcludenza dei suoi stessi protagonisti, nonostante un leaderismo senza leader e con partiti che non vogliono essere tali, una riflessione seria su Craxi, che vada oltre l’ambito giudiziario, e non si fermi all’aspetto umano, sia opportuna e necessaria e, probabilmente, indispensabile. Tutto questo, volutamente, non c’è nel film su Hammamet. E probabilmente, visti gli obiettivi del regista e della produzione, non poteva esserci.

Di qui il rischio concreto, e già in parte cominciato, che gli animi si riaccendano a cominciare dal dibattito sui social e che la storia di uno dei maggiori protagonisti della politica del Novecento si riduca a dover stabilire se questi era in esilio o latitante. E’ quello che abbiamo visto da Tangentopoli in poi. E i risultati per il Paese sono stati, prima il berlusconismo, poi la crisi della sinistra, e infine populismo, sovranismo e leghismo. Bisognerebbe riuscire a tornare a parlare di politica. E se è in gioco una storia socialista come è quella di Craxi parlare un po’ più di Brandt, Mitterand, Gonzales, Saragat e Nenni. E magari anche e soprattutto dello scontro aspro e talvolta sgradevole, che contrappose Craxi e Berlinguer, anche senza organizzare rivisitazioni e pellegrinaggi ad Hammamet.

In questi giorni sono annunciati in uscita tre libri su Craxi, rispettivamente di Fabio Martini, Marcello Sorgi e Claudio Martelli. Non credo che si fermeranno alla questione umana.

Foto in evidenza: Sul set di Hammamet

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