LEGGE ELETTORALE

La terza emergenza che finora i partiti non hanno voluto affrontare: la legge elettorale.

Quante volte, nel corso di questa legislatura, abbiamo sentito dire, prima e dopo il Covid, che quella della riforma elettorale, non era assolutamente una priorità? Tante, e soprattutto da parte di coloro (Salvini e Meloni) che reclamavano un giorno sì e l’altro pure elezioni anticipate. Ma anche a sinistra sembra che il problema di poter andare a votare con una legge che non sia ancora una volta una riedizione peggiorativa del Porcellum (lo è certamente il cosiddetto Rosatellum) sia poco sentito.
In queste ultime settimane si sente invece legare alla prossima elezione del presidente della Repubblica l’opportunità di sciogliere le Camere per mandare subito dopo gli italiani a votare. Naturalmente è ancora una volta, soprattutto la destra di Fratelli d’Italia in prima fila nel chiedere questa soluzione verso la quale oggi Salvini si mostra meno baldanzoso, preoccupato un po’ dai sondaggi in discesa, un po’ della sua leadership all’interno di una Lega nella quale comincia a essere messa in discussione la strategia fin qui proposta dal capo.
C’è poi chi (e qui in prima fila sono soprattutto i Cinquestelle e Forza Italia) vedono con enorme preoccupazione l’ipotesi di elezioni anticipate al punto di temere la elezione al Quirinale di di un presidente che potesse essere tentato da questa soluzione. Un’ipotesi, a mio giudizio scarsamente realistica, perchè sarebbe davvero politicamente bizzarro che un presidente della Repubblica sciogliesse un Parlamento che lo ha appena eletto alla massima carica dello Stato.

E allora, senza addentrarci nell’abusato toto Quirinale, credo che sarebbe opportuno pensare che l’ultima parte della Legislatura potrebbe essere dedicata ad avviare ad affrontar la terza emergenza del Paese: quella della ricostruzione di un decente sistema politico. Ci vorrebbe una sorta di “Pnrrper superare i danni fatti dall’antipolitica che ora alimenta sovranismi e populismi di vario genere. Ricostruire il sistema politico si può e si deve fare anche senza metter mano alla Costituzione. E vuol dire tornare al ruolo dei partiti secondo quanto indicato proprio dall’articolo 39 della Costituzione e a nuova legge elettorale, la più proporzionale possibile, per dare nei fatti centralità a un Parlamento. E visto che ci siamo sarebbe anche il caso di ripristinare corrette forme di finanziamento pubblico dei partiti. “Vasto programma” avrebbe detto il generale De Gaulle. Certo. Eppure qualche modestissimo segnale positivo c’è: a cominciare dal fatto che i Cinquestelle di Conte, piano piano, messo alle proprie spalle la demagogia del vaffa. stanno scoprendo che essere partito è meglio che essere un non partito. Aspettiamo passi ulteriori e se son rose fioriranno.

Si parla molto di alleanze tra partiti. E c’è chi pensa (riproponendo l’Ulivo a sinistra o la Casa delle libertà a destra) che più che partiti servano “rassemblement” per andare alle elezioni. Ma per fare un’intesa elettorale seria e credibile essi devono avere alle loro spalle proprio le forze politiche. L’esperienza dell’Ulivo è stata esemplare a questo proposito. E’ andato in crisi (ricordate l’ “Ulivo universale“?), quando qualcuno ha pensato che si potesse fare a meno dei partiti. Altrettanto esemplare è quanto accaduto nel centrodestra all’inizio della Legislatura attuale: il centrodestra come alleanza aveva prevalso sul centrosinistra, ma subito dopo la Lega di Salvini ha preferito allearsi con i Cinquestelle che a sua volta non ha consentito l’ingresso di Forza Italia al governo. Due esempi di come e perchè il bipolarismo italiano è fallito e perchè sarebbe cosa buona e giusta ripartire dal proporzionale.

Foto in evidenza: rielaborazione da https://www.iusinitinere.it/

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