Sinistra

L’identità multipla della sinistra

1) Qualche citazione

E’ proprio il caso di dire che l’estate infiamma la Sinistra. “In un torrido sabato romano Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, riunisce la direzione del partito a porte chiuse” e fa subito sapere che “le risposte, in particolare dall’area che si è riunita a Santi Apostoli continuano a farsi attendere”. (Daniela Preziosi , Il Manifesto, 09/07/2017) . In un incontro organizzato al Senato dall’associazione per il rinnovamento della sinistra (Ars), presieduta da Aldo Tortorella e Vincenzo Vita, si dice che “i nodi sono venuti al pettine” (Roberto Ciccarelli, Il Manifesto, 12/07/2017) , Massimo Villone sulle colonne del Manifesto (in anticipo sulla pubblicazione presso Feltrinelli del “diario” dell’attuale segretario del PD) scrive che Renzi è il remake del Veltroni 2008: manda il centrosinistra in soffitta e perde rovinosamente non avendo capito nulla, come dimostra la condizione di oggi (Il Manifesto, 5-7-2017). Sul Post di Luca Sofri, può capitare di leggere che “il PD di Veltroni prese più voti dell’Ulivo di Prodi nel 2006” e che “il progetto veltroniano e in parte renziano di ‘vocazione maggioritaria’ – se eseguito un po’ meglio – sembra tuttora una cosa molto più lungimirante e solida…” (Wittgenstein, 4 Luglio 2017). Intanto Bersani, il 1 luglio, all’iniziativa di Insieme a Piazza Santi Apostoli, ha parlato (anche a Cuperlo, Orlando, Civati, Fassina) di globalizzazione dal volto umano, di si a un’Economia di mercato, di no ad una società di mercato.

Il paradosso dell’identità di sinistra, oggi una identità multipla, in parte persa tra estremismi, lutti, cospirazioni e miti, non passa certamente solo per queste citazioni. Altri documenti si possono leggere un po’ ovunque sulla stampa (di sinistra) prima e dopo il tentativo della manifestazione di “Insieme”. E si possono leggere sempre come il risultato di una identità parziale, che prende forma in movimenti sociali (alcuni per fortuna presenti nell’iniziativa a piazza Santi Apostoli) separati dal politico – separazione analizzata, teoricamente e praticamente, da lungo tempo, in Europa e negli Stati Uniti (Cfr ora Judith Butler, L’alleanza dei corpi, Napoli Nottetempo, 2017). Esemplare di questa separazione si può ritenere l’iniziativa al Teatro Brancaccio dell’8 giugno promossa da Anna Falcone e Tomaso Montanari. Entrambi i promotori hanno .confermato che dietro la loro “proposta” non c’è un partito, “non c’è nessuna organizzazione, né struttura, né segreteria. C’è solo un’idea…”, corsivo mio (huffost 14/06/2017) . Per altre fonti, informate ed autorevoli rimando ad Albanese, Carra, Ciccarelli, Garzia, Nencioni, Paolini Preziosi, Vita (Il Manifesto, 28/29/30 giugno 2017.)

2) Un sogno ad occhi aperti

a) In questo orizzonte di “cultura politica” confesso la mia mancanza di carattere e la mia passività. Sogno ad occhi aperti, proprio come scriveva Gramsci, di astenermi dal voto. Da questa visuale onirica di osservatore, sondo la possibilità di semplificare l’attuale personalità multipla della Sinistra classificandola in due tipi ideali, entrambi inadeguati a rappresentarmi: A) la personalità che con un ruolo minore si pone al vertice di partiti largamente immaginari o all’avanguardia mistica di masse anch’esse immaginarie; e B) la personalità che con un ruolo maggiore di “seguito”, crede di poter essere, di sinistra e di destra, di essere per diritto “segretario” del partito e “presidente del consiglio”. Nell’ambito d’azione di questa personalità maggiore, “liberale”, riporto il conflitto per scinderla, ridurla ( a “segretario” o a “presidente del consiglio” ), neutralizzarla (Franceschini, Orlando, Emiliano) . Tento anche di sognare ad occhi aperti un “pensionato felice”, di recente nel ruolo di mediatore e confessore (Romano Prodi, Corriere della sera, 22 giugno 2017 ), che spostando la sua “tenda”, impartisce come penitenza a tutte le “personalità di sinistra” confessate, una meditazione sul tema del tempo! (Sul tema del tempo nel PD, cfr P. Natale, L. M. Fasano, L’ultimo partito, Torino Giappichelli, 2017). E infine, come risultato di questa penitenza, non resisto al piacere di sognare ad occhi aperti Insieme – immaginando l’iniziativa del 1 luglio come l’avvio di un progetto terapeutico capace di ricomporre “sociale” e “politico”, utopia e quotidiano, denuncia della società mercato e governo del mercato. Un progetto/sogno tutto calato nell’ orizzonte della globalizzazione e delle “utopie reali” (Erik Olin Wright (V. Il Manifesto, 6 Luglio 2017); necessitato a costituirsi qui e ora, con le distinzioni, mediazioni, organizzazione, seguito, dirigenti, disciplina; con pluralità di studi, analisi, riflessioni critiche; il tutto scandito in un confronto sul “campo” , offerto non solo da Pisapia; e al termine del quale si profila un “blocco sociale” a cui da tempo, mi sembra, indirizza e lavora senza stancarsi Enrico Rossi – tra l’altro quando sottolinea in tempi non sospetti la pecularietà socialista di Sanders, Corbin, Melenchon, 

b) Mi sveglio però subito e mi dico che occorre porre l’attenzione nel presente così come è, se si vuole trasformarlo e passare dall’”immaginario“al “reale”. Non si può credere, andando aldilà della “cronaca”, che la babele della personalità multipla prodotta nella cultura politica, sia dovuta ad una diabolica abilità dell’attuale segretario del PD. Questa posizione non ci dice niente di come il presente è capovolto né ci fa conoscere il processo della “rottura” e del “distacco” dei mondi sociali della sinistra dai suoi dirigenti ( Cfr Antonio Florida, Il Manifesto, 4/7/2017) .
Non a caso Luciano Canfora, a proposito dal ventennio berlusconiano, sostiene che “l’emorragia di voti che ne è conseguita”, l’aver regalato ”temo definitivamente alla Lega la classe operaia lombarda”, l’ “aver prodotto migrazioni bibliche verso i Cinquestelle e financo dalle parti di Fratelli d’Italia, è l’esito di un disastro politico”(Il Fatto Quotidiano, 16 giugno 2017, corsivo mio nr).

3) Storia e disastro

Il giudizio dello storico mi spinge alla lettura di una ricerca pubblicata in questi giorni. Leggo come un contributo alla comprensione del disastro, Addio alla provincia rossa, Roma, Carocci, 2017. L’autore, Marco Caciagli, prof emerito dell’università di Firenze nonchè presidente del Gramsci toscano tra il 2001 e il 2008, si avvale degli approcci e delle metodologie delle scienze sociali, coniugate con quelle storiche. In questo suo lavoro ci fa intravvedere la grande trasformazione della “cultura politica nella regione toscana – in particolare della “subcultura nel Medio Valdarno Inferiore”. Una ricerca delimitata che comincia dagli anni del dopoguerra, con l’ “ininterrotta ascesa del voto comunista dal 1946 al 1984”. In questo orizzonte viene esplorata come l’interazione di comuni, partito e “organizzazioni di massa fiancheggiatrici” (p. 118), sviluppa sul territorio il “buongoverno”, costruisce “collettori di consenso generalizzato”, assorbe l’immigrazione prevalentemente meridionale, interiorizza “l’industrialismo” come cultura dei ceti dirigenti e delle loro “basi politiche di riferimento” (pp.124-125). Partecipano a tale rete anche i sindacati, le case del popolo, l’Arci, le strutture laiche della pubblica assistenza, l’ANPI, l’UNIPOL, l’UDI, e, last but not least, la famiglia (p. 285 e segg.). L’ “autore” poi passa ai “primi (e ultimi) cedimenti elettorali fra il 1987 e il 1990” e, quindi, allo scioglimento del PCI (1991). Per la storia di questa trasformazione fa largamente ricorso alla “sovrastruttura” di memoria e valori, istituzioni e amministrazioni, miti, riti, generazioni. Tra i valori sono indagati la partecipazione politica, l’antifascismo. l’anticlericalismo, la solidarietà, l’etica del lavoro. Tra i miti sono esplorati quello dell’Unione Sovietica, quello della Resistenza e a parte il mito di Enrico Berlinguer ( p. 300 e segg).

E’ alla fine degli anni ‘70 che , si sostiene “i nodi vengono al pettine”. Uno di questi è il conflitto ambiente e lavoro in parte risolto con la politica ambientalista del PDS (p. 130 -131). Sono invece le elezioni amministrative regionali e comunali del maggio 1990, con la svolta della Bolognina (12 nov. 1989), successiva di pochi giorni al crollo del muro di Berlino (4 nov. 1989), che chiudono “un’epoca…minando …una tradizione politica che da decenni caratterizzava in modo costante il comportamento di voto dei toscani” (Carrai, cit. p. 229). Nella Toscana rossa, contestualmente alla nascita del PDS si costituisce, nel 1991, il Partito della Rifondazione comunista. Nelle interviste raccolte dall’”autore” sono documentate le “reazioni alla svolta” (p.242 e segg.), la concorrenza “popolare” tra le feste dell’Unità e quelle di Liberazione, le difficoltà a ripensare freddamente lo snodo di “fede” e “propaganda”, collaterale al “disastro politico” dell’URSS e dei paesi dell’EST. Nelle elezioni politiche del 1992, le ultime con il sistema proporzionale e con lo scrutinio di lista, il Partito democratico della sinistra e il Partito della Rifondazione comunista non riescono a mantenere nelle regioni rosse i livelli del PCI del 1987. Nelle successive consultazioni del 1994, con il nuovo sistema elettorale “ambedue gli eredi del PCI” accresceranno la loro quota proporzionale (/p.265-266 ) .
Nel testo è registrata accanto alla “memoria” e il “lutto”, declinati nelle due anime politiche della sinistra, anche una “elaborazione”. Nella crisi delle abitudini e dei comportamenti; nel mutamento delle relazioni tra individui e tra le generazioni; nella modificazione dei ritmi, della vita quotidiana, del lavoro e del tempo libero, non vengono travolti solo, con gli antichi schemi di riferimento, “i legami di appartenenza di classe” (pp.255 -256). Sotto traccia si mantengono variamente e di nuovo la rivendicazione dell’uguaglianza e della giustizia sociale, la necessità di difendere la democrazia e la solidarietà. Ciò che comincia a venire sempre meno nel voto è l’immediata proiezione di una identità collettiva ( p. 268). Si profila il tratto inedito dell’identità giovanile (Cririca Marxista, 1995 4-5, cit. p. 272). Le nuove generazioni si discostano dalla rete politica. Nel tempo risalta l’ “indebolirsi del senso di appartenenza dei giovani alla tradizione politica” (p.340). Nel 1997 col PDS sostituito dai Democratici di sinistra (DS), ha inizio il calo di votanti e di iscritti; si assottiglia la militanza e si rompe il legame tra esperienza associative e attivismo politico (p. 324.) Nelle campagne elettorali, i comitati elettorali costruiti intorno ai candidati a sindaco assumono un ruolo di primo piano e mettono nell’angolo il “partito” (p. 326).

Che avviene dell’identità? Il testo aiuta a comprendere come il “disastro politico” nel territorio della Toscana si sia prodotto in un processo di divisioni e dispersioni dell’identità, oltre il confine della tradizione (p. 142). In parte l’identità di sinistra si divide, in parte si disperde. Per un verso, i mondi sociali, punto di riferimento della sinistra – il “nostro popolo”, la “nostra gente” – passano dall’altra parte (anche nel centro renziano) e non solo in Italia (lo ha avvertito anche Massimo D’Alema al forum del Manifesto (6 Luglio 2017)). Per un altro verso danno forma, sotto le sembianze di una personalità multipla, a diverse anime della sinistra (Cfr. L’ultimo partito cit.) – da analizzare senza pregiudizi facendo attenzione ai nuovi compiti e alle nuove parole d’ordine. Sento dire significativamente da Arturo Scotto in un dibattito televisivo… “protezione”…. “emancipazione”…. Si gioca forse nello sviluppo di questo trend la possibilità di formazione di un blocco sociale non minoritario e le questioni identitarie che porrà alla sinistra.

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