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Non ci resta che piangere

Un Presidente del Consiglio che rivendica il suo populismo, senza sapere in realtà di cosa sta parlando; che dimentica, o forse proprio non sa, il nome e l’effettivo grado di parentela (lo ha definito “congiunto”, definizione giuridicamente tanto larga e onnicomprensiva che comunque qualcosa ci chiappava) di Piersanti Mattarella, ucciso dalla mafia, con l’attuale Presidente della Repubblica; che chiede a Di Maio se può dire…….ricevendo in risposta un secco no! Un ministro degli Interni che vuole regolare la questione immigrazione con Orban, il primo ministro ungherese per il quale l’unico problema è sempre stato quello di non far arrivare nemmeno un migrante nel proprio Paese. Se poi questi si ammassavano in Italia, Grecia o Spagna, poco gli importava. Anzi, meglio. Insomma, trovare in Orban una sponda per risolvere i problemi connessi alla gestione dei flussi migratori è come affidarsi ad Henri Landru per risolvere i problemi legati alla parità di genere!

Per non parlare, poi, dell’originale teoria economica secondo la quale se i ricchi pagano meno tasse è un bene, perché investono e creano lavoro e ricchezza. Se Giorgetti, il numero due della Lega che in questo campo è accreditato come esperto, gli ricordasse che una diversa distribuzione della ricchezza (salari più alti e meno tasse per i lavoratori) incrementerebbe i consumi e, quindi, porterebbe nelle tasche dei ricchi ancora più soldi perché ci sarebbe più gente che comprerebbe i loro prodotti, male non sarebbe. Lo ammetto, all’Università l’esame di Economia Politica non fu tra i più brillanti, ma almeno questa la sapevo!

Per non parlare, poi, degli occhi iniettati di sangue del capogruppo leghista alla Camera quando parla di certezza della pena. Strano, però, che abbia fatto riferimento solo a taluni tipi di reati e alla necessità di eliminare i cosiddetti “permessi premio”, cioè la possibilità di uscire per qualche giorno dal carcere valutato il comportamento durante il periodo di detenzione. I detenuti che non rientrano negli istituti di pena o che commettono reati durante i permessi sono, percentualmente, un numero da prefisso telefonico. Solo un accenno, da parte di Conte, al carcere per gli evasori fiscali. E si capisce anche il perché. Al Capone, per dire, non scontò nemmeno un giorno in cella per le centinaia di reati commessi nella sua vita. In compenso si beccò diciassette anni di carcere per evasione fiscale. E in carcere morì, non durante la sua opera misericordiosa presso i servizi sociali.

Anche l’impulso all’edilizia carceraria è a metà tra il ridicolo e il preoccupante. Le nuove carceri non serviranno per migliorare le inumane condizioni di detenzione attuali, ma per metterci altra gente. Come se le misure restrittive alternative alla detenzione in carcere fossero solo un problema di sovraffollamento e non di civiltà giuridica. Aspetto, questo, che il giurista Conte sicuramente non ignora. Ma Palazzo Chigi val bene una messa.

E la vale ancor più se un docente di Diritto Privato si fa garante di un “Contratto” di Governo, visto che i 5Stelle di accordo o di alleanza proprio non vogliono sentir parlare.
Ora, passi per Economia Politica, ma Diritto Privato l’ho studiato abbastanza bene e ricordo, a distanza di 36 anni, che il contratto è definito come l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico patrimoniale. Mi chiedo e chiedo ai contraenti: qual è l’elemento patrimoniale, ossia valutabile economicamente, che lega Di Maio a Salvini e viceversa?Fosse stato siglato tra Salvini e Berlusconi, dopo le dichiarazioni dello stesso Di Maio circa rapporti finanziari poco trasparenti tra quei due, capirei. E sì, perché c’è anche questo. Sarà pur vero che in campagna elettorale Di Maio nei confronti del PD e della sinistra in generale, come si usa dire dalle mie remote parti, a chi dava e a chi prometteva (intesi come insulti e ritorsioni), però dopo il primo fallito tentativo di formare un governo con i leghisti, ebbe a dichiarare che Salvini non poteva affrancarsi da Berlusconi perché era il Cavaliere a garantire un bel po’ di sghei utili a finanziare la campagna elettorale della Lega, considerate le note vicissitudini giudiziarie che hanno portato la magistratura a sequestrare i conti correnti dei puri, duri e (poco) onesti epigoni di Alberto da Giussano.
Ma l’onestà per i 5Stelle è inversamente proporzionale al peso e al numero dei loro ministeri: più sono e meno ci si preoccupa d’altro. D’altronde, a ben pensarci, nessuno da quelle parti parla più di onestà. E’ stata sostituita dal meno impegnativo “cambiamento” che quella non necessariamente presuppone.

S’odono a destra squilli di tromba, a sinistra s’ode uno squillo, avrebbe detto Manzoni (lo stesso che per la stesura de I Promessi Sposi riteneva di dover “sciacquare i panni in Arno” e per ciò stesso fu scambiato dall’attuale capo della comunicazione grillina, Rocco Casalino, per Dante Alighieri. E non aggiungo altro). E a sinistra, in effetti, un paio di squilli ci sono stati: gli ottimi (finalmente) interventi in Parlamento di Grasso e Del Rio.
Ancora poco però, troppo poco.
Perché mentre quelli useranno le ruspe sui diritti e, in definitiva, sulla democrazia, dalle parti di LeU si assumono “orientamenti” e dalle parti del Pd si attende l’ennesima notte dei lunghi coltelli che da anni, con scarso senso del pudore, chiamano congresso.
Per fortuna nei territori e nella coscienza di molti militanti c’è ancora passione e soprattutto, ci sono e si lanciano idee.
Beppe Provenzano e la sua “Sinistra anno zero”; “stradaxstrada” lanciata, tra gli altri, da Sara Nocentini, Pietro Folena e Simone Oggionni; “La Giusta Causa” a Bari di Michele Laforgia e Anna Maria Candela.
Ma dalle parti di Via Zanardelli e di Largo del Nazareno, ancora non lo sanno. O fanno finta di non saperlo.

Foto in evidenza: Luigi Di Maio e Giuseppe Conte

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