Cambiare il Pd? Vasto programma avrebbe detto il generale De Gaulle. Eppure Elly Schlein può farcela. Come? Mettendoci molto del suo. E prendendo altrettanto dalla storia della sinistra italiana. Una storia che è stata è e resta una storia di sinistra e nella quale non c’ è nulla da rottamare e molto da recuperare.
Ma intanto partiamo da coloro (dirigenti di partito militanti e non iscritti) che l’hanno scelta. Naturalmente non è mancato e non mancherà chi si chiede se è possibile cambiare il Pd, avendo il sostegno di gruppi dirigenti che hanno guidato in stagioni non sempre positive della sua vita. Ecco, io credo invece che il sostegno venuto alla neosegretaria dai vari Orlando, Francescchini e altri rappresentanti delle correnti siano un fatto positivo. In fondo quando Prodi vinse le primarie che lo portarono per la prima volta a sconfiggere Berlusconi fu votato con analoga convinzione da gente di partito e società civile. Altrettanto, credo, è avvenuto domenica scorsa nei gazebo. Partire dal superamento dell’assurda contrapposizione tra partito e società civile sarebbe una cosa buona, giusta e soprattutto utile. E bene ha fatto Schlein nei suoi primi discorsi a mettere sul tappeto il tema del tesseramento di quello che dovrà essere il Pd rinnovato e di sinistra.
In molti , giornali e non solo, si stanno dedicando a spiegare che probabilmente con la nuova segreteria ci sarà un pericoloso spostamento a sinistra del baricentro del partito. E che quindi i moderati (ex renziani poco pentiti) potrebbero fare una scissione. Possibile. Ma non credo avrebbero molto seguito. Credo, invece, che il nuovo corso potrebbe partire dalla riaffermazione di quello che dovrebbe essere un punto fermo della storia della sinistra riformista in Italia e non solo: il riformismo non è mai stato e non dovrà mai essere la destra della sinistra. Ma il modo più concreto e identitario di essere di sinistra. Qualcuno in questi ultimi ha provato a capovolgere questo principio e non ha avuto molto successo trovando alla fine approdi più conservatori che moderati e liberisti invece che liberali.
Ecco dunque che un altro compito di lungo e ampio respiro attende i vincitori delle primarie: riformare i riformisti. In bocca al lupo, compagna Schlein!
Ora il Pd e la sinistra di Schlein alla prova di riformare i riformisti senza rottamazioni
Cambiare il Pd? Vasto programma avrebbe detto il generale De Gaulle. Eppure Elly Schlein può farcela. Come? Mettendoci molto del suo. E prendendo altrettanto dalla storia della sinistra italiana. Una storia che è stata è e resta una storia di sinistra e nella quale non c’ è nulla da rottamare e molto da recuperare.
Ma intanto partiamo da coloro (dirigenti di partito militanti e non iscritti) che l’hanno scelta. Naturalmente non è mancato e non mancherà chi si chiede se è possibile cambiare il Pd, avendo il sostegno di gruppi dirigenti che hanno guidato in stagioni non sempre positive della sua vita. Ecco, io credo invece che il sostegno venuto alla neosegretaria dai vari Orlando, Francescchini e altri rappresentanti delle correnti siano un fatto positivo. In fondo quando Prodi vinse le primarie che lo portarono per la prima volta a sconfiggere Berlusconi fu votato con analoga convinzione da gente di partito e società civile. Altrettanto, credo, è avvenuto domenica scorsa nei gazebo. Partire dal superamento dell’assurda contrapposizione tra partito e società civile sarebbe una cosa buona, giusta e soprattutto utile. E bene ha fatto Schlein nei suoi primi discorsi a mettere sul tappeto il tema del tesseramento di quello che dovrà essere il Pd rinnovato e di sinistra.
In molti , giornali e non solo, si stanno dedicando a spiegare che probabilmente con la nuova segreteria ci sarà un pericoloso spostamento a sinistra del baricentro del partito. E che quindi i moderati (ex renziani poco pentiti) potrebbero fare una scissione. Possibile. Ma non credo avrebbero molto seguito. Credo, invece, che il nuovo corso potrebbe partire dalla riaffermazione di quello che dovrebbe essere un punto fermo della storia della sinistra riformista in Italia e non solo: il riformismo non è mai stato e non dovrà mai essere la destra della sinistra. Ma il modo più concreto e identitario di essere di sinistra. Qualcuno in questi ultimi ha provato a capovolgere questo principio e non ha avuto molto successo trovando alla fine approdi più conservatori che moderati e liberisti invece che liberali.
Ecco dunque che un altro compito di lungo e ampio respiro attende i vincitori delle primarie: riformare i riformisti. In bocca al lupo, compagna Schlein!
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Guido Compagna
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