Bene_Amleto

Peppino e Guido. Maledetti, vi amerò

Peppino Caldarola e Guido Companga, accidenti a voi! Avere a che fare con persone acute, intelligenti, le cui considerazioni e analisi mai sono banali, a volte può creare e crearti qualche problema. Il primo con un articolo su Lettera43 (Leu diventa partito? Dio ce ne scampi e liberi), il secondo proprio qui su l’Argine (Caldarola, l’accrocco, un partito. I dilemmi della sinistra sconfitta alle elezioni) si interrogano e ci interrogano sull’utilità di dar vita ad un nuovo partito della sinistra. Entrambi concordano sui problemi oggettivi che una simile prospettiva pone: una classe dirigente che si identifica con i gruppi parlamentari e sostanzialmente autoreferenziale; le difficoltà a far amalgamare politicamente acqua e olio: possono stare tranquillamente nello stesso contenitore ma avranno inevitabilmente collocazioni diverse; la stessa diversa interpretazione delle cause del disastroso risultato elettorale; le diverse convinzioni su ciò che si dovrà costruire: alternativi al Pd per alcuni, ricostruzione e ricomposizione del centrosinistra per altri. Cospargo altro sale sulla ferita: se partito sarà, temo che la prima preoccupazione da qui ad un anno, quando si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, sarà quella di provare a far eleggere qualche trombato eccellente, con tutte le conseguenze e le frizioni del caso (chi sarà più eccellente dell’altro?) e al netto della circostanza che se prendi meno del 4% lo ritrombi.

Quando si passa dall’analisi alla ricerca della possibile soluzione, della possibile via d’uscita le opinioni, però, divergono radicalmente. Peppino guarda al basket e come coatch propende per un time-out. Fermiamo le macchine, ricominciamo, o meglio, cominciamo ad apprendere la lezione berlingueriana sulla capacità di costruire il “lavoro di massa” che altro non è che avere la capacità di riconnettersi con i nostri concittadini, i nostri connazionali, e con chiunque manifesti disagio ed esclusione e provare raccoglierne ansie e bisogni, e provare a dare una risposta e una rappresentanza politica. Questa fase, secondo Caldarola, non è necessariamente alternativa al partito ma inevitabilmente la precede. E sulla base di queste esperienze che si proverà a costruire qualcosa, non accrocchiando l’esistente. Per Compagna, sarriano e votato all’attacco, al contrario la situazione politica determinatasi dopo il voto richiede l’urgenza di un partito, quale unico strumento, ci ricorda citando Togliatti, attraverso cui la democrazia si organizza. Quel popolo che Peppino vuole (di nuovo) incontrare, per Guido ha bisogno urgente di una casa. Un Partito, appunto.

Ora io, e non solo, mi ritrovo, novello Amleto 2.0, con il teschio in mano ad interrogarmi: Peppino o Guido? Questo è il problema. Berlinguer o Togliatti? Ovviamente entrambi. Provo a sciogliere il dilemma, avvertendo che è solo una prima riflessione su cui mi fermerò a cogitare anche dopo la fine della stesura di questo articolo.
Che a sinistra si sia persa da troppo tempo l’empatia con gran parte di chi ci ha guardato per decenni con speranza, è un dato incontrovertibile. Che gli attuali partiti e movimenti della sinistra siano avvertiti come addirittura ostili agli interessi degli strati meno protetti della società, è stato ampiamente dimostrato dal voto. Aggiungo, per ultimo, che LeU è stata già uccisa nella culla, è inutile girarsi intorno. Provare a rianimarla aggiungerebbe inutile dolore a quello già patito la notte del 4 marzo. Quindi bisognerebbe abbandonare quel milione e passa di elettori che in quel progetto hanno creduto? No, assolutamente. E qui occorre risolvere due problemi. Il primo: come moltiplicare quel milione di voti. Il secondo: quale prospettiva immediata offrirgli.

Entrambi i problemi possono essere affrontati e risolti se propedeuticamente ci si mette d’accordo su un dato, che è un dato di fatto: il mondo non gira intorno a noi. Non siamo, né possiamo illuderci di essere, i soli depositari di una cultura, di idee e valori di sinistra. Ce ne sono milioni. Allora credo che sia necessario provare a ricongiungere, ricomporre, questi milioni di donne e uomini, su un terreno nuovo, che sgombri il campo, come giustamente ci ricorda Caldarola, da un vocabolario politico stanco, inutile ed inadeguato. “Il nuovo vocabolario deve adottare altre parole tutte rivolte a ciò che si può fare “per” gli altri. La sinistra deve tornare ad essere mutualistica, protettiva, libertaria, democraticamente apertissima, rivoluzionaria, cioè socialista”.
E per far ciò è quindi necessario dar vita ad un soggetto, non necessariamente un partito, che funga da intellettuale collettivo che, gramscianamente (e ora ci sono proprio tutti!) si faccia mediatore di consensi, si ponga il compito e l’obiettivo di ricomporre la sinistra e il suo popolo. E, quindi, di individuare una casa comune per tutti. Il Partito, appunto.

Foto in evidenza: Carmelo Bene in Amleto

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