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Spagna, un accordo fra PSOE e Podemos?

Sarà una lunga trattativa, quella per la formazione del Governo spagnolo. Pedro Sánchez, uscito vincitore dalla elezioni di domenica, vuole formare un governo monocolore, con l’appoggio esterno di Unidas Podemos e dei partiti indipendentisti di sinistra. Ma Podemos, tramite il suo leader Pablo Iglesias, ha già fatto capire che non ci sta. Questa volta nessun appoggio gratuito: la sua coalizione vuole entrare nel Governo.
Ma nessuno dei due partiti ha fretta. Prima, bisogna superare lo scoglio del 26 maggio, in cui si voterà per le elezioni europee, le autonomie e i comuni. Dopo, se ne riparlerà. Intanto, il 21 maggio si insedieranno i nuovi parlamentari di Camera e Senato.

Tuttavia, la relazione fra Sánchez e Iglesias, dopo gli scontri degli anni passati, è particolarmente distesa e i due partiti, con la sterzata a sinistra del PSOE, si sono avvicinati su molti temi. Prima delle elezioni anticipate, infatti, si erano trovati d’accordo su decine di misure incluse nella legge di bilancio. E se gli indipendentisti non avessero votato contro, portando così il Paese alle urne, probabilmente quella sintonia sarebbe continuata.

L’accordo, tuttavia, non sarà semplice. Il punto di forza del PSOE è che Podemos non può permettersi di non appoggiare l’investitura di Sánchez, perché il suo elettorato non lo capirebbe, e quindi il partito di Iglesias potrebbe dover accettare di dare un appoggio esterno. D’altra parte, nonostante la maggior parte dei governi spagnoli siano stati di minoranza, al PSOE i 42 seggi di Podemos farebbero davvero comodo per acquisire un po’ più di forza. Sarà necessario trovare un punto di equilibrio non solo fra le diverse posizioni politiche, ma anche nella gestione del potere. Come ricorda Luca Tancredi Barone su Il Manifesto di oggi, la tradizione politica spagnola è «poco abituata alle coalizioni governative. A livello nazionale i governi sono sempre stati monocolore (al massimo con qualche indipendente)».

Al momento, invece, l’ipotesi accordo con Ciudadanos sembra completamente sfumata (nonostante con i loro seggi il PSOE guadagnerebbe una comoda maggioranza in Parlamento). Ma Sánchez, nonostante la resistenza da parte degli elementi più conservatori dei socialisti, si è spinto decisamente a sinistra, mentre Albert Rivera ha passato tutta la campagna elettorale ad andare sempre più a destra, sia per rincorrere VOX che per portare avanti il progetto di sostituzione del PP. Ieri, poi, si è autonominato leader dell’opposizione al governo Sánchez.

Pablo Casado, leader perdente del PP, torna invece sui suoi passi, verso il centro. Dopo aver rincorso a sua volta VOX sul suo terreno neo-franchista per tutte le elezioni, classifica il partito per quello che è, di “estrema destra”, cercando così di salvare il salvabile in vista delle elezioni del 26 maggio. Lo slogan per questa seconda mandata elettorale è “Centrados en tu futuro”, che ricalca (volutamente?) quello utilizzato da un Mariano Rajoy a capo di un PP ancora vincente nelle elezioni del 2011, “Centrados en ti”.
La destra nerissima ha dominato la campagna elettorale, rimestando nel torbido delle parole e delle pulsioni figlie del franchismo, ma ha perso le elezioni. Le sinistre hanno la loro occasione per governare, insieme, finalmente legittimate non da una mozione di censura, ma dalle urne.

Nella foto: Pablo Iglesias e Pedro Sánchez (fonte: EFE/ Kiko Huesca)

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