Una foto dell'incontro tra il presidente della Camera  Roberto Fico (C) e
la delegazione Pd composta da Andrea Marcucci (primo a sinistra), Maurizio Martina,
Graziano Delrio(primo a destra)  e Matteo Orfini, Roma 24 aprile 2018 ANSA/ UFFICIO STAMPA CAMERA DEI DEPUTATI +++ EDITORIAL USE ONLY- NO SALES NO ARCHIVE +++

La sinistra, i cinque stelle, le istituzioni e il problema del governo

La domanda è molto semplice: è ipotizzabile che questa brutta e ingarbugliatissima crisi di governo, che si trascina da oltre cinquanta giorni ed è già passata per due mandati esplorativi, affidati in rapida successione dal presidente della Repubblica ai due presidenti delle Camere, si possa risolvere con una intesa tra tra la sinistra (il Pd e magari Liberi e Uguali) e il movimento grillino?

La risposta invece non è facile e non può che tendere, almeno in prima battuta, verso il negativo. La sinistra e  i cinque stelle rappresentano storie e concezioni della politica tra loro lontane e finora prevalentemente contrapposte. Senza contare le proteste e la dura ostilità che la destra (Lega in testa e Berlusconi compreso) ha già vivacemente preannunciato e le durissime resistenze a qualsiasi ipotesi (che non sia l’opposizione preventiva) che arrivano dal campo del renzismo puro e duro.
Se questo è il quadro nel quale si apre, o meglio si aprirebbe la partita, va anche esaminato e valutato quali sarebbero per la politica e per il Paese se, come molto lascia prevedere, anche questa strada (che Mattarella ha voluto approfondire) dovesse rivelarsi impercorribile. Resterebbero due possibilità. Il cosiddetto governo del presidente che vuol dire tutto e niente e sul quale si prevede il forte sbarramento prima di tutto della Lega e dei grillini. Oppure il ricorso molto ravvicinato (si parla di settembre addirittura) alle urne. Con un problema enorme sul tappeto, quello della legge elettorale. La quale, meglio ricordarlo, deve prima di tutto garantire una adeguata rappresentanza delle forze politiche, e non soltanto far sapere (cosa comunque molto difficile in ogni caso) chi sarà a governare il Paese.
Ecco quindi che, a mio giudizio, anche dinanzi agli sforzi del presidente della Repubblica, la sinistra non può risolvere tutto dichiarando aprioristicamente: noi comunque saremo l’opposizione perchè così hanno deciso gli elettori. Opposizione a chi? Opposizione perchè? Non c’ è dubbio che per chi ha perduto, e di brutto, le elezioni la soluzione più conveniente nel breve periodo è mettersi all’opposizione. Ma la politica, quando sono in gioco il bene comune e gli interessi del Paese, non si riduce alla convenienza. Anche perchè questa, potrebbe nel medio periodo, ma, tutto sommato anche nel breve, soprattutto se le elezioni anticipate fossero ravvicinate, produrre risultati disastrosi per chi la partita del governo ha preferito non giocarla in nome di esigenze di salvaguiardare il proprio partito o, peggio, il proprio ruolo all’interno di quel partito.
Probabilmente a queste cose deve aver pensato anche Maurizio Martina, quando dopo la consultazione istituzionale della delegazione del suo partito con il presidente della Repubblica, ha fatto un passo avanti per uscire dallo splendido isolamento, sino ad allora manifestato dal suo partito, e tuttora difeso dai più fedeli sostenitori dell’ex segretario di quel partito.  Naturalmente non basta un cauto passo in avanti per risolvere una crisi di governo. Perchè, anche se quel passo in avanti dovesse essere approvato, magari con molti e consistenti limiti, dalla direzione del Pd (non ancora convocata) la partita con il Movimento resterebbe tutta da giocare.
Ma sarebbe una partita difficile ma giocabile. Nel suo articolo di fondo sul Corriere della sera di oggi, Sabino Cassese osservava positivamente come “i partiti politici che si sono affacciati alla scena parlamentare, rinnovandola per due terzi, hanno rapidamente seguito le regole della democrazia, passando da movimento a istituzione, cominciando a convertire slogan in indirizzi politici“. Insomma non più solo piazza e rete, ma anche politica e istituzioni. In fondo la pratica parlamentare e politica, è ancora una grande scuola: E questo potrebbe valere (ci vorrà del tempo naturalmente) anche per i grillini. Cassese sembra cogliere in queste nuove forze politiche la consapevolezza “che la responsabilità di formare un governo passa attraverso l’esame delle compatibilità dei programmi, se è necessario un accordo“.
Vedremo come si svilupperanno i prossimi difficili passaggi della crisi che per ora Mattarella è riuscito quanto meno a tenere nell’alveo di un regolare percorso istituzionale. Se davvero i nuovi partiti sapessero in questa fase ricondursi all’arte della ricerca del compromesso, scoprendone anch’essi l’antico valore, sarebbe un fatto comunque altamente positivo. E la sinistra dovrebbe avere l’intelligenza di comprendere che favorire la nascita di un governo e l’avvio di una Legislatura è comunque un nobile fine della politica. Anche di quella parte che potrebbe poi scegliere la strada dell’opposizione.
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Foto in evidenza: Il Presidente del Senato Roberto Fico si incontra con la delegazione del Pd (Maurizio Martina, Matteo Orfini, Graziano Delrio, Andrea Marcucci)

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