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Michele Ciliberto: il problema del Pd è lo spartito

Il problema del Pd è lo spartito. I dirigenti devono riuscire a costruire un grande spartito che spinga i militanti e, quindi, l’Italia a dare il meglio di se. Quello che non sta facendo Renzi.
Siamo nei giorni degli Europei di calcio. L’Italia, sconfitta ai rigori, si è fermata agli ottavi contro la Germania. Ma destando, comunque un’ottima impressione. Michele Ciliberto, ordinario presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e presidente dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, si dichiara tifoso del pallone (e del Napoli).
“Mi capita, a volte, di sentire Sacchi per televisione. Dice Sacchi che quello che conta all’interno di una squadra è lo spartito . Se lo spartito è di qualità anche musicisti che sono non straordinari riescono a crescere, perché lo spartito li spinge in su”. “E’ lo spartito che innalza la qualità della squadra. Lo spartito che Conte è riuscito a fare è tale per cui Parolo è diventato un grande centrocampista”.

Trasferito sui partiti?

In Italia e in Europa devi individuare un grande spartito. Perdi col Brexit perché questo grande spartito non c’è stato, quelli come Boris Johnson, come Michael Gove sono riusciti a sollecitare e a far prevalere le istanze più miserabili, più arretrate e a trasformare un lotta politica interna a un partito in uno strumento che ha avuto effetti da suicidio. Questa è la verità, alla fine lo scontro tra Cameron e Johnson si è giocato sull’Europa :uno credeva di vincere e ha perso, l’altro credeva di perdere bene ma non di vincere, alla fine sono caduti entrambi.

Ma per il Pd in particolare cosa servirebbe?

Il problema anche del Pd è lo spartito. C’è bisogno di uno spartito che faccia dare il meglio di sé, puntando sulla comunità sulla collettività, sui valori condivisi, sui valori della solidarietà. Bisogna riuscire a costituire uno spartito nel quale si riconoscano personalità anche molto diverse l’una dall’altra, alcune anche modeste, che migliorano e si affermano all’interno di questo sparito”.

Perché lo spartito di Renzi non funziona più?

Renzi ha intercettato la speranza, ma non è riuscito ad organizzarla, a strutturarla. E, quindi, ora si trova in una situazione di difficoltà perché molti elettori del Pd si stanno spostando sui 5 Stelle che appare un elemento che dà speranza. Certo, bisognerebbe andare a vedere cosa vogliono realmente i 5 Stelle, l’obbligo di mandato, la politica dell’immigrazione, il ceto politico di cui dispongono.. . che non sembra proprio di rinnovamento.

Eppure pochi giorni fa è apparso un sondaggio, pubblicato su la Repubblica, che dava il sorpasso del Pd da parte dei 5 Stelle.

E’ un trend di cui si sapeva già. Del resto è stato anche segnalato a Renzi da più parti: con questa legge elettorale si potrebbe, alla fine, fare il gioco dei 5 Stelle. A mio giudizio, è una legge elettorale che va ripensata in modo radicale. Credo che sia fondamentale ripensarla anche tenendo conto del referendum. Ritengo che siano state preziose le indicazioni date da Napolitano in una bella intervista al Corriere, in cui auspicava che bisogna riafferrare il principio dell’obiettività e della neutralità. Non stiamo ragionando per una parte o per una fazione, né tanto meno per un individuo, per un leader per quanto importante, ma di un problema, appunto, che riguarda il riassetto del “sistema Italia” che passa attraverso modifiche di ordine costituzionale che sono necessarie, nonostante i limiti che sono evidenti a tutti noi.

Nelle parole di Napolitano vede un appunto a Renzi che lo aveva, invece, personalizzato?

Sì, sicuramente. Tra l’altro è interessante che, immediatamente, Cassese, uomo legato a Napolitano, abbia ripreso il ragionamento utilizzando, di fatto, gli stessi termini, cioè la necessità dell’oggettività e della neutralità. Si sta ragionando per la Repubblica, per il sistema della Repubblica, non per una parte politica o una fazione, secondo quello che, poi, è il miglior insegnamento della storia comunista: si deve fare in modo che gli interessi del partito coincidano con gli interessi della Nazione. È in questo modo che il Pci era diventato una funzione dell’Italia.

Nella foto: Michele Ciliberto, ordinario presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e Presidente dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento 

Come si dovrebbe lavorare per fare gli interessi della nazione e non di una fazione?

Se si lavora obbiettivando, si favorisce naturalmente il referendum, ma lo si favorisce anche se si lavora sulla legge elettorale, modificandola: i dubbi che una serie di persone possono avere sulla riforma costituzionale sono sicuramente accentuati dalla legge elettorale. Tutto viene visto come un sistema che consente l’affermazione di una sorta di predominio, di dominio incontrollato da parte del leader, attualmente del Partito Democratico, ma in prospettiva del leader di altri partiti, anche lontanissimi da quello democratico.
Il referendum richiede questo sforzo di obiettività e neutralità di cui dice Napolitano e richiede anche, lo ribadisco, un ripensamento della legge elettorale che consenta a coloro i quali vedono nell’intreccio tra le due un elemento molto grave per la democrazia italiana, di potersi schierarsi a favore del al referendum. Devo dire, a livello personale, che sono stato sollecitato a firmare, ma ho sempre detto no, perché mi è sembrato, appunto, che non ci fosse questo elemento di obiettività e neutralità: questo schieramento, queste firme, questi banchetti, mi pare tutto un’accentuazione un po’ forsennata che può dare risultati negativi a quello che si spera di poter ottenere.

Ma è convinto che i ballottaggi prima, poi la Brexit inducano veramente Renzi a cambiare?

È un uomo di grande intuito politico, con la capacità di comprendere come si dispone l’opinione pubblica: un leader che assume come suo interlocutore non gli altri partiti, non il Parlamento, ma l’opinione pubblica, come viene conformata soprattutto dalla televisione. Ultimamente si è messo a fare queste trasmissioni, settimanalmente, che hanno proprio l’obiettivo di stabilire un rapporto diretto con il “popolo”.
Io credo che commetta un errore, perché oggi sono invece necessari elementi di organizzazione. Certo, non si può pensare di riproporre il partito di massa come è stato nel Novecento, però un partito deve essere una realtà organizzata sul territorio e per quanto riguarda gli organismi. Renzi tende, invece, a tagliare questa dimensione e a vedere il partito come uno strumento a suo servizio, ma è una scelta che poi lo indebolisce, come abbiamo visto alle elezioni politiche. Spero che ripensi a forme di riorganizzazione del partito: la qual cosa, a sua volta, implica che lui lasci la segreteria del partito a chi è in grado di occuparsene.

Un partito così organizzato per fare cosa?

Son convinto di alcune cose. In Italia una politica di carattere riformatrice la può fare solo il Pd. E, quindi, le forze riformatrici in Italia si devono raccogliere dentro il Pd, la battaglia politica va fatta dentro il Pd.

Chi è oggi l’avversario che il Pd deve temere di più?

L’affermazione del Movimento 5 Stelle ripropone con più urgenza la necessità del Pd. Io personalmente dò un giudizio critico sul Movimento 5 Stelle, pur riconoscendo la funzione positiva che svolge e la presenza nelle sue file di militanti che provengono da mondi di sinistra. Credo, sul piano teorico, che nella democrazia diretta, ci siano elementi di dispotismo. Sul piano politico, ora stiamo vedendo cosa succede a Roma: non riescono a mettersi d’accordo sul vicesindaco, sul portavoce, per la pluralità di correnti che sono presenti al suo interno. Credo che bisogna battere il M5S. L’impianto politico, il suo progetto per l’Italia è da criticare e da respingere. Certo, bisogna ripensare la democrazia rappresentativa, e la crisi profondissima da cui è intaccata e colpita in Italia e in Europa. Ma è di qui che occorre ripartire, riaffermando, e non limitando, il potere del Parlamento e tenendo sempre fermissima la distinzione dei poteri costituzionali. Altrimenti si finisce nel baratro .

La destra è da escludere?

Non mi pare che in questo momento il centro destra sia riuscito effettivamente ad organizzarsi in modo da costituire l’autentico terzo polo. Leggevo che Berlusconi sta pensando di chiudere Forza Italia. Salvini credo che non possa andare al di là del bacino di voti che ha raccolto, anche per le posizioni che hanno sempre più assunto una dimensione razzista.
Ho sempre pensato che la dinamica in Italia sarebbe diventata bipolare tra il Partito Democratico e i 5 Stelle. L’obiezione era ed è : ma i 5 Stelle non sono un partito di destra, non sono il polo di destra. Ma ormai negli organismi politici contemporanei, come appunto il Movimento 5 Stelle, c’è un intreccio di destra e di sinistra. Riesce ad espandersi proprio perché raccoglie sensibilità e posizioni che fanno parte sia della destra sia della sinistra. Il M5S è un movimento complicato, che ha questi intrecci dentro di se: pulsioni e di elementi di destra e pulsioni e di elementi di sinistra. Certo, non è facile trovare una sintesi, come si vede anche dalle vicende romane di questi giorni. Ma non sembra che di là possano venire lezioni di moralità pubblica.

Destra e sinistra dentro i 5 Stelle. E la natura del Pd?

E’ una forza di centro sinistra, non una forza che tiene dentro solo la sinistra. Ha vinto quando è riuscita a tenere pezzi dei moderati italiani. E’ un obiettivo serio, perché in Italia non riesci a governare se non riesci a raggiungere il centro. Da questo punto di vista quello che fa Renzi è utile e importante, a patto che non cambi la costituzione interiore del Pd, facendolo diventare un partito di centro destra. Ma non credo che nemmeno lui ci pensi. È un personaggio sicuramente molto ambizioso, con la volontà di fare il leader, di diventare un leader europeo, però è un uomo del centro sinistra, fa una politica di centro sinistra.

Per cui non c’è spazio per altre figure?

Penso che il problema sia quello di spingere continuamente l’asse del Pd verso la sinistra, per farlo diventare autenticamente un partito riformatore e credo che questo vada fatto anche rispetto a Renzi. Renzi ha un baricentro che dal centro sinistra guarda verso il centro, altri, penso ad Enrico Rossi, debbono avere un baricentro che dal centro sinistra guarda verso la sinistra. A mio giudizio, nella diversità delle funzioni e delle responsabilità, ed anche delle personalità e perfino dei temperamenti, se convergessero Renzi e Rossi potrebbero dare un forte contributo allo sviluppo e al rafforzamento del movimento riformatore in Italia.

E’ appena uscito il libro con cui Rossi presenta il suo manifesto elettorale, “Rivoluzione socialista, idee e proposte per cambiare l’Italia”…

Non l’ho ancora letto. Ma sono sicuro che Rossi non fa ragionamenti semplici nei confronti di Renzi, della politica di Renzi. Anche ora – questo è un Paese maledetto, in cui il trasformismo è sempre all’ordine del giorno – vanno tenuti fermi alcuni punti: Renzi è stato eletto segretario del Pd dalle primarie, è il Presidente del Consiglio che si appoggia al Pd, ha fatto anche delle cose politicamente interessanti, anche a livello europeo …. Nel suo ragionamento politico la parte moderata rischia tuttavia di assumere a volte una funzione debordante, eccessiva, mentre c’è bisogno di ricollocare il Pd nell’area di centro sinistra. Diversamente diventa una cosa innaturale e alla fine perde.

Questa è una fase di passaggio. Verso dove? Dove immagina la politica dopo questo percorso, da qui ad un anno, dopo il Congresso del Pd?

E’ difficile dare una risposta esatta a questa domanda. Nella politica movimenti che sembrano lenti all’improvviso possono diventare acceleratissimi. Prima delle elezioni, due tre mesi fa, a mio giudizio, il quadro politico del Pd sembrava totalmente nelle mani di Renzi e la stessa proposta di Rossi, a quella data lì, per quanto generosa, appariva debole, per difficoltà oggettive. Questo risultato elettorale ha cambiato il quadro. E ci ha portato, per citare Gramsci, dalla guerra di posizione alla guerra di movimento. Ora siamo alla guerra di movimento, nella quale Rossi può avere molte più carte da giocare. Nella guerra di movimento si possono rompere quelle che sembravano cose acquisiste. Siamo in una situazione di guerra di movimento, in Italia e in Europa. Perché la Brexit significa la riapertura degli scontri, delle discussioni su quello che deve essere il destino dell’Europa. Da questo punto di vista, Giscard d’Estaing ha detto una cosa interessante: ci lamentiamo tanto della Brexit, ma l’Inghilterra non è mai stata davvero nell’Unione Europea. L’Unione Europea é due cose, l’euro e Scenghen. Loro sono stati fuori da entrambi. Questo, però, è un ragionamento riduttivo. Perché il problema dell’Europa, e dell’Inghilterra dentro l’Europa, è il suo futuro, la sua identità etico, politica, ideale, religiosa. L’Europa deve essere il nostro orizzonte, la nostra bandiera.
Anche da questo di vista, però, il quadro è nuovamente tutto in movimento: ci si domanda che faranno gli svedesi, che faranno i polacchi. Cioè, s’è riaperto completamente il quadro, dare una risposta di questo tipo è difficile. Però, con la guerra di movimento è possibile anche che ci siano dei risultati positivi, che nella guerra di posizione si hanno con molta più lentezza e staticità.

Mi colpisce, rispetto a quanto si diceva sui cambiamenti improvvisi nel giro di due-tre mesi, Corbyn adesso è in discussione, Sanders ha perso contro la Clinton …

E’ cambiato tutto. Il dato di fatto è che è cambiato appunto in due-tre mesi. In Italia si è riaperta la lotta politica dentro al Pd per la segreteria. Ora si è riaperta, perché prima Rossi poteva essere l’elemento di una rappresentazione di cui si sapeva il risultato, invece ora non è così. Anche dentro il Pd è aperto lo scontro e il risultato dello scontro è molto più problematico, come lo è nel referendum, come lo è stato per le amministrative, come lo sarebbe per le elezioni politiche. Allora noi dobbiamo però ridefinire, come si fa in politica, gli alleati e gli avversari. Il Movimento 5Stelle è l’ avversario del Pd : su questo bisogna essere chiari. Contemporaneamente, si deve fare una politica di centro sinistra che riesca a coinvolgere anche forze moderate interessate ad un cambiamento dell’Italia. Se ci si chiudesse solo all’interno della sinistra, si perderebbe.
Serve un’idea dell’Italia che tenga insieme un blocco riformatore fatto da una sinistra che è capace di governare e dai ceti moderati che sono interessati ad un cambiamento democratico del Paese. Rispetto a questo, non ci sta la Lega, non ci sta Berlusconi, e non ci sta il Movimento 5 Stelle.

Allora, Renzi al Governo, partita aperta invece per la Segreteria?

Sono perché Renzi faccia il Presidente del Consiglio e non il Segretario del Partito. Però questo Governo va sostenuto, dicendo tutto quello che secondo noi non funziona, senza farci prendere dalle nostalgie del passato, dal risentimento.
Ho sempre pensato questo, in generale: se si guarda la storia italiana degli ultimi vent’anni, è continuamente in tensione fra risentimento e speranza. L’Italia è un paese fortemente risentito, ma non è un paese senza speranza. Un leader in questo paese si afferma se riesce ad ascoltare il risentimento e a dare una speranza. Il problema di Renzi, in questo momento, è che non appare più in grado di dare speranza, che il partito appare non in grado più di dare speranza a un paese in crisi e risentito. Mentre i 5Stelle appaiono come il partito che dà speranza, senza nemmeno andare a vedere cosa concretamente propone. Bisogna andare alla concretezza delle cose e fare in modo che il Pd ridiventi il partito della speranza. Il partito della speranza, non del risentimento. Se apparirà solo il partito del risentimento si perderà. Si deve essere il partito della speranza, e non solamente per la sinistra classica, perché quella sinistra non ci basta più.

Un partito di questo tipo per fare?

Per lavorare a costruire nuovi legami. I vecchi legami, anche quelli che appartenevano alla storia grande della classe operaia son venuti meno. Erano legami che si costruivano sulla base dello sfruttamento operaio, ora occorre invece costruire legami che riguardano il problema delle risorse, del lavoro, del mutamento della qualità della vita, il diverso rapporto che si ha con la vita e con la morte. Vanno costruiti legami che sono politici ma anche prepolitici, che riguardano l’ambiente, le risorse, la natura. Come ha capito il Papa.
Il Pd deve essere questa cosa qui, non un partito sic et simpliciter di sinistra, ma un partito di governo, di centro sinistra, imperniato sulle forze di una sinistra democratica e su forze moderate interessate al cambiamento. Queste forze vanno sfidate: il Pd fa questo tipo di politiche, voi che dite? Ricordo le prime primarie, c’era Tabacci: veniva da Marcora, dalla sinistra democristiana. Il Pd deve saper parlare anche a questa gente. Quello che non va fatto è voler parlare solo al fronte moderato indifferenziato, dimenticandoci le radici di sinistra. Ma sono radici che da sole non bastano. Anche in Europa. E’ fondamentale.
Se pensi all’Inghilterra: ha ragione Cassese, la Brexit è un suicidio. Ma si dovrebbe riuscire a capire anche da dove questo suicidio arriva. Ci sono responsabilità dell’Inghilterra profonda, ma c’è anche il fatto che l’Europa non è riuscita a costituirsi come una realtà capace di mettere in moto ideali e forze capace di coinvolgere la gente.

Enrico Rossi che spartito dovrebbe proporre?

Avrebbe in mano una quantità di carte da giocare, proprio perché ci si trova in questa guerra di movimento. La gente ha già cominciato a stufarsi. Deve riuscire a costituire uno spartito nel quale si riconoscono delle personalità anche molto diverse l’una dall’altra, alcune anche modeste, che migliorano e si affermano all’interno di questo spartito. E questo vale anche per l’EuropaRenzi ha intercettato la speranza, ma non è riuscito ad organizzarla, a strutturarla. E ora si trova in una situazione di difficoltà perché la speranza si sta spostando verso i 5 Stelle. Bisogna ripartire da qui….e certo ci vuole un governo che funzioni, ma anche un partito che faccia il suo lavoro.
Dalle cose che ha detto nell’ultima Direzione del Pd , sembra che Renzi non abbia alcuna intenzione di procedere in questa direzione. Peccato, per lui che ha deciso di andare impavido incontro al suo destino. Ma è una scelta grave anche per il Pd, che rischia di andare incontro a una sconfitta assai grave: bisognerebbe saper leggere i segni dei tempi. È questo il carattere proprio della “grande politica“.

 

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