Lazzari felici” è una delle più belle canzoni di Pino Daniele. Il disco rientra nella prima fase artistica del cantautore napoletano e cioè nell’era d’oro della sua storia in musica e vuole essere una rappresentazione, a tratti malinconica e struggente, del popolo che vive quella Napoli così ben descritta in tante altre sue composizioni.

Una rappresentazione malinconica, struggente e plastica delle difficoltà dell’attuale classe dirigente della sinistra di guardare appena oltre il suo ombelico è invece la vicenda Lotti ed il suo portato di polemiche e veleni. Un giudizio sul Lotti politico, sinceramente, non riesco a darlo. La sua scarna biografia, in ragione della giovane età, lo descrive come una sorta di enfant prodige legato a Matteo Renzi praticamente da sempre e che lo ha seguito dagli inizi della sua (resistibile) ascesa. Non ho mai avuto la ventura di ascoltarlo e non so quali siano le sue reali capacità. La stampa lo descrive come uno dalle innate abilità ad intrallazzare, intendendo questa una virtù. E’ stato beccato con le mani nella marmellata. Nulla di penalmente rilevante, pare, ma “chiacchiere in libertà” – così si è difeso – con altri magistrati in una camera d’albergo a notte fonda, cazzeggiando su chi dovesse andare in quella Procura e chi trasferito ad altra. Capita anche a me di cazzeggiare con amici a notte fonda, in genere dopo una luculliana cena in cui più che a Lucio Licinio Lucullo, si rende omaggio al dio Bacco, e immaginare, a seconda dei punti di vista e delle simpatie personali, quale futuro per Renzi, D’Alema, Zingaretti, Bersani. Personalmente ho una predilezione particolare per Giachetti, ma non dirò dove l’ho idealmente destinato più volte. Ecco, se avessero installato un trojan nel mio cellulare o in quello di qualche amico di bevute, più che indignazione avremmo scatenato ilarità, al massimo compassione. Ma il caso di Lotti è diverso, è completamente diverso.

Per cui la domanda è una sola: c’è qualcuno in grado di spiegarmi cosa cacchio c’entra invocare il garantismo? Se tu auspichi con qualche componente il CSM di spostare tizio o caio perché ti stanno un tantino sulle balle, o di promuoverne qualche altro per qualche motivo a te più simpatico, non lo so se hai commesso un reato – e non mi interessa, è roba, appunto, da giudici – ma una cazzata politica enorme sì e, un tempo, le cazzate in politica si pagavano. E anche caro, perché è giusto pagarle. Perché va bene non essere proprio come la moglie di Cesare, ma assumere Bruto a modello mi pare eccessivo!

E invece, pur in un caso politicamente indifendibile come questo, dalle parti del PD ci si divide ancora; la violenza di certe posizioni è francamente incomprensibile, una contrapposizione tra neo guelfi e ghibellini (a proposito, chi sarebbe il papa e chi l’imperatore?) degna di miglior causa.
Ritornano, quindi, voci di scissioni. Calenda si vergogna di aver chiesto voti per le Europee, Richetti lo tira per la giacca, Giachetti non si sente più a casa, la Boschi lamenta fuoco amico, Rosato … continua ad accumulare figure da niente (direbbero a Napoli) ogni volta che appare in TV.

Capisco che a qualcuno potrà sembrare paradossale che uno “scappato di casa” come me si preoccupi di eventuali scissioni e le paventi, tanto più che non ho ripreso la tessera del PD e non ho, per il momento, alcuna intenzione di riprenderla. Però il contesto non è oggettivamente lo stesso, al contrario. Innanzitutto non c’è un segretario che come un qualsiasi Marchese del Grillo 2.0 ama ripetere ai suoi oppositori interni: “io so io, e voi nun siete ‘n cazzo”. Oggi, con tutti i suoi limiti, non mi sembra che Zingaretti mostri lo stesso fastidio verso chi non lo sostiene. Sono passati solo tre anni e lo scenario politico non solo è profondamente cambiato, ma nessuno allora (colpevolmente) poteva immaginare che la situazione nel nostro Paese fosse destinata a precipitare non solo da un punto di vista economico, ma sociale e culturale. Nessuno poteva (colpevolmente) immaginare che squadracce fasciste potessero tranquillamente rompere impunemente la faccia a chiunque; che Casa Pound o Forza Nuova fossero legittimate e coperte da chi dovrebbe essere deputato a reprimerle, il ministro degli Interni; che qualcuno volesse “sospendere” alcune norme del Codice degli Appalti, proprio quelle che dovrebbero impedire le infiltrazioni mafiose, per non parlare delle ricadute negative sulla sicurezza sul lavoro. Nessuno poteva (colpevolmente) immaginare che i punti di riferimento del governo italiano divenissero Trump e Putin. Si poteva (colpevolmente) immaginare che flat tax sarebbe divenuta realtà con le destre al potere. Lo diventerà con la colpevole complicità dei 5 Stelle, forse. Una tassazione che non solo non servirà a liberare risorse per rimettere in moto l’economia, ma che genererà una macelleria sociale mai vista e nemmeno immaginabile.

Se questa è la realtà e se è questo l’ancora più fosco scenario per il futuro prossimo, non sarebbe ragionevole trovare una sintesi? Non una sintesi a tutti i costi, che produca nuova confusione politica, ma su punti fermi e, allo stato dei fatti, irrinunciabili. Lo sostiene Massimo Cacciari, e se non ricordo male anche Maurizio Martina durante le primarie, che occorre una forza politica che esprima radicalità nei programmi, che sappia contrapporsi alla radicalità populista e sovranista. Piuttosto che inseguire un “centro” già ampiamente rappresentato dal PD, sarà il caso di riportare al voto e convincere quel 20/30% di elettorato stanco e sfiduciato? Piuttosto che chiedere a Landini conto del fatto che molti operai votano Lega e altrettanti 5 Stelle, possiamo chiedere conto a noi stessi?

Oggi mi sento un Lazzaro (in) felice che, per la prima volta in vita sua, non si sente rappresentato pienamente da alcuna forza politica. Certo, non mi ha mai sfiorato l’idea di rifugiarmi nel bosco e vedere di nascosto l’effetto che fa. Però vorrei votare, e se il caso militare, non per i meno peggio, ma per i migliori possibili.

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