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Ma davvero la sinistra per ritrovarsi e fare opposizione a Salvini e Grillo deve andare oltre?

In questi giorni sono molti coloro che si impegnano nello spiegare alla sinistra cosa dovrà fare per adempiere al meglio al compito di opporsi al governo ruspa-stellato. Molti consigli vengono dai partiti della sinistra (Pd e LeU), altri dai suoi più recenti iscritti (Calenda), altri ancora da attenti intellettuali, che spesso hanno interpretato come un vecchio retaggio massimalista e ideologico quel che in questi anni ha provato a formarsi prima alla sinistra di Berlusconi poi a quella di Renzi. Su un punto questi consiglieri non richiesti, ma comunque meritevoli di attenzione sono d’accordo: LeU, il Pd, la sinistra debbono “andare oltre“. Perentorio proprio un articolo di Galli della Loggia sul Corriere di mercoledì scorso: “La sinistra vada oltre la sinistra”.

Sul “Foglio” di oggi la replica di Giuliano Ferrara (a Galli, Calenda e persino a Luciano Canfora) è la stessa (più triviale che goliardica) con la quale Gabriele D’Annunzio apostrofò da Fiume Francesco Saverio Nitti: “Cagoja!” Un modo per affermare che non bisogna aver paura e, soprattutto, non bisogna lasciarsi intimidire dai neogovernanti, perchè il oro bagaglio politico è talmente limitato che per combatterli occorrerebbe e basterebbe “fare bù“. La tentazione di fare altrettanto è forte, ma la metto da parte, vuoi per un pregiudiziale e totale fastidio per tutto quello che sappia di dannunzianesimo, vuoi perchè penso che per quanto impresentabile e disprezzabile culturalmente, un avversario politico non vada mai sottovalutato.

Resta il fatto che a me “andare oltre” non piace e soprattutto non considero quella formuletta una ricetta politica, ma se mai un “escamotage” per non affrontare la politica. La quale è fatta di scelte che vanno fatte quando si propongono e non si aggirate o scavalcate con vecchi slogan. A tal proposito varrebbe la pena ricordare che “andare oltre” era il titolo della mozione di Pino Rauti quando questi al Congresso del Msi – Alleanza Nazionale di Sorrento sconfisse l’erede e delfino di Almirante Gianfraco Fini. Talvolta anche le formule e gli slogan hanno una storia.

Resta il fatto che la proposta di un fronte nazionale repubblicano, avanzata dal volenteroso Calenda a me richiama un po’ il partito della nazione di renziana memoria e per un certo verso (come si ricava leggendo quanto scrive Emanuele Macaluso) una soluzione frontista, quella sì superata dagli eventi della storia, con buona pace per la nobile memoria di Leon Blum.

Penso che invece maggior attenzione, il che non vuol dire maggior consenso, si debba dare alle valutazioni Galli della Loggia. Il quale parte da un significativo riconoscimento al ruolo della sinistra e scrive: “Solo dagli uomini e dalle donne che in qualche modo hanno avuto a che fare con il Pd, solo da spezzoni della sua vicenda, da qualcuno dei suoi molti retroterra può ricominciare la storia di un’opposizione in Italia“.

Più avanti, forse per contenere quella che è comunque un’apertura di credito, l’editorialista se la prende con “tutte le ortodossie cadaveriche delle varie sinistre italiane (da quella marxista a quella liberaldemocratica) ancora in cattedra a dispetto delle continue bocciatura della storia“. Io credo, invece, che la ricchezza della sinistra italiana sia nella sua storia, fatta non di ortodossie cadaveriche ma di coraggiose eresie (da Salvemini e Rosselli e, perchè no, a Saragat e La Malfa), troppo spesso trascurate se non ignorate anche da coloro che quella sinistra hanno provato a rappresentare e interpretare dal Lingotto in poi.

Va dato atto a Galli della Loggia di essersi messo in gioco personalmente indicando i punti e i contenuti attorno ai quali si potrebbe ritrovare l’auspicata opposizione di sinistra. E qui mi permetto di dire, da irriducibile socialista democratico, che proprio tra contenuti indicati da Galli della Loggia, che a un certo punto sdogana persino la patrimoniale, a me sembrano poter essere i cardini per ritrovare e rilanciare una robusta opposizione di sinistra, che, forte anche della dottrina sociale della Chiesa di Francesco, possa ripartire dalla sua storia (fa piacere che Galli citi Mazzini) e dalle sue eresie prevalentemente socialiste.

Resta il problema della classe dirigente. Oggi sul Corriere della sera, Macaluso si dice certo che da qualche parte sia “un dirigente locale o solo un simpatizzante, un giovane, un ragazzo o una ragazza pieni di passione e di idee pulite, con una carica umana che riesca a creare emozioni. Emozioni a sinistra“. Compito di trovarlo , conclude Macaluso, sarebbe degli attuali dirigenti del Pdlasciando da parte, almeno ad un passo dal baratro, le loro velleità sconfitte“. Ma sono in grado di essere così generosi gli attuali dirigenti della sinistra? Forse, come ha osservato un giornalista da sempre dentro le cose della sinistra come Paolo Franchi, per capire che questa è la strada, “basterebbe l’istinto di sopravvivenza“. Ma l’amara conclusione di Franchi, dalla quale è difficile dissentire è che “non è affatto detto che a sinistra ci sia ancora“.

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