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Tra rappresentatività e stabilità. Il dilemma di Napolitano

La denuncia in Senato da parte di Giorgio Napolitano è stata chiara e forte. Quasi un j’ accuse Soprattutto nel metodo, ma non soltanto nel metodo. Il presidente emerito ha parlato senza mezzi termini di “pressioni improprie” sul presidente del Consiglio perchè ponesse le questioni di fiducia, ed è stato più che chiaro (pur non nominandolo) che il riferimento era al capo del Pd Matteo Renzi. Poi il presidente emerito ha aggiunto un interrogativo: “Si può far valere l’indubbia esigenza di una capacità di decisione rapida da parte del Parlamento fino a comprimerne drasticamente ruolo e diritti”?

La risposta implicita naturalmente è che non si può o almeno non si potrebbe. Insomma: quello dell’ex presidente della Repubblica è stato un discorso di forte difesa delle prerogative del Parlamento, nel momento nel quale si imponeva con strumento, legale, ma politicamente inopportuno, per imporre una legge elettorale sulla quale quasi certamente dovrà pronunciarsi la Corte costituzionale e che a molti pare “comprima” il diritto degli elettori a scegliersi i deputati.
A fronte di questa analisi impietosa però Napolitano ha annunciato che avrebbe votato la fiducia e la legge nel suo complesso “per salvaguardare la stabilità“. Ora non c’è dubbio che per un uomo della politica e delle istituzioni che ha la storia di Napolitano la stabilità sia un bene essenziale. Eppure, credo, che sia legittimo pensare che la politica quel bene essenziale lo possa e lo debba tutelare senza a esso sacrificare la compressione di altri diritti: quello degli elettori a scegliersi deputati e senatori. Ma soprattutto quello del Parlamento a restare centrale nel nostro ordinamento proprio perchè i suoi membri sono eletti dai cittadini e perchè in quelle assemblee (Camera e Senato) si dovranno formare e verificare le maggioranze che daranno la fiducia al Governo e ai governi.

Insomma, la rappresentatività delle assemblee sono un bene essenziale proprio come la stabilità e la governabilità. Per raggiungere le quali serve la politica e non bastano certo sbrigative soluzioni di ingegneria costituzionale, affidate a spropositati premi di maggioranza (40 per cento che diventano 50 più1 per cento e che possono, invece, rendere appetibili improvvisate coalizioni tra forze politiche, che una volta profittato di quei premi, sono destinate a scomporsi con buona pace proprio della governabilità.
Resta il fatto che con il voto finale di oggi avremo una legge elettorale ancora una volta a rischio di incostituzionalità (ma questo lo sapremo quasi sicuramente solo a babbo morto, cioè a nuovo Parlamento insediato e magari anche a Legislatura avanzata) composto quasi esclusivamente da nominati. Il tutto dopo numerosi voti di fiducia ottenuti dopo “pressioni improprie sul presidente del Consiglio“.

Se questo è il quadro, per onestà intellettuale e, soprattutto per la considerazione che continuo ad avere da sempre nei suoi confronti, devo aggiungere che l’ annuncio di voto favorevole su fiducia e legge elettorale, in nome della stabilità, da parte di Napolitano un certo retrogusto di amaro me lo ha lasciato. E proprio per le considerazioni che l’ex capo dello Stato aveva svolto nel suo chiaro e motivato discorso.

Nella foto di copertina: Il Presidente emerito e senatore a vita Giorgio Napolitano

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