Sarà perchè sono nato in Repubblica (un mese dopo il referendum del 2 giugno) in una città stoltamente monarchica (Napoli), per me quella di oggi è la più amata festività civile. Anche più del 25 aprile, proprio perchè in stretta e robusta continuità con quest’altra data. È, infatti, con la scelta repubblicana e l’insediamento della Costituente votata in quell’occasione che diventano solidità istituzionale le scelte della Resistenza.
Eppure, quella di oggi è per me una giornata malinconica con significative punte di amarezza. E’ vero: stiamo combattendo e forse, grazie ai vaccini e all’impegno di un generale degli alpini, la brutta pandemia. Al Quirinale c’è un bravo presidente come Mattarella; a palazzo Chigi un uomo di ingegno stimato in Europa e altrove come Mario Draghi. Entrambi cercano di fare il possibile.
Ma il resto? Quelli che dovrebbero essere le colonne sulle quali si poggia e cresce un sistema politico dove sono e cosa sono? Prendiamo i partiti. Non si rifanno più a identità e pensiero politico (liberale, socialista, popolare, comunista al limite fascista). Il più delle volte sono strani accrocchi che si rifugiano in nomi botanici o astrologici (Quercia, Ulivo, stelle), o in slogan da stadio e da piazza. E quando (in pochi casi) hanno il coraggio di dichiararsi tali (ovvero partiti) sono la caricatura di loro stessi.
Inoltre non c’è una legge elettorale credibile. Quella che sarebbe attualmente in vigore è stata più volte criticata anche dalla Corte costituzionale. Da anni votiamo con leggi succedanee e peggiorative di quella che il suo inventore aveva chiamato: Porcellum. Tutto si fonda su fragili alleanze con scopo esclusivamente elettorale. L’ultima volta quella di centro destra, risultata quasi vincente, si sfasciò la sera stessa del risultato o poche ore dopo perchè Salvini preferì allearsi con i cinque stelle risultati primo partito. Sarebbe ora di metter mano a una seria legge elettorale, magari proporzionale, che riavvii il sistema politico, ma proprio da destra (Salvini e Meloni in testa) che ora non si può perchè c’è la pandemia.
Nè le cose vanno meglio a livello locale dove i partiti si affidano per costruire incerte coalizioni a quelli che pomposamente chiamano candidati civici. Spesso persone poco conosciute e con fragili percorsi politici alle spalle. In fondo quanto accaduto a Roma quando si è dovuto all’ultimo momento annullare (capo dello Stato e sindaca presenti) un evento solenne perchè sulla tarda che doveva essere scoperto il nome di un grande presidente della Repubblica da Carlo Azeglio Ciampi era diventato Carlo Azelio) è l’emblema dello stato della nostra politica.
Ma oggi è la festa della Repubblica e occorre credere e ricominciare dalla Costituzione che all’articolo 1 ci ricorda che la nostra è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Ricominciamo di qui, e come diceva Giorgio Amendola, “chi ha più filo tessa“.