IMG_1317

Il giorno dopo, come ricostruire il campo della sinistra

Si è aperta, immediatamente dopo aver avuto la certezza della sonora e, per i numeri, inaspettata sconfitta elettorale per i sostenitori della riforma costituzionale, la caccia all’errore, alla responsabilità madre che sta alla radice del clamoroso risultato. Faccio da molti, troppi, anni politica e ho consumato fiumi di inchiostro sulla “Settimana Enigmistica”, per non aver capito che dietro risultati di questo tipo non c’è l’errore ma una serie di errori più o meno già individuati e di cui è persino inutile farne il riepilogo . Il fronte del “no” non aveva oggettivamente argomenti seri e convincenti da opporre al merito della riforma, salvo una serie di illazioni su presunti, immotivati e ridicoli rischi per la democrazia. L’avversione politica di alcuni e la rivalsa personale di altri si sono unite, vittoriosamente, in un unico obiettivo finale: mandare a casa Renzi e il suo governo.

Ma quella a cui abbiamo assistito, non è solo la sconfitta di Renzi ma la sconfitta di tutto il PD. Compresi gli amici e i compagni che, inopinatamente, si sono schierati per il NO. Inutilmente molti tra coloro che non da oggi si riconoscono nella piattaforma politica di Enrico Rossi, avvertivano che il confronto su Renzi e il renzismo dovevano essere affrontati nell’unica sede opportuna e naturale, il prossimo congresso. Un mio carissimo amico e compagno mi ammoniva sul fatto che era pura ingenuità politica pensare di condizionare da sinistra il “Caudillo di Rignano sull’Arno”. E’ proprio qui che va individuato non l’errore ma il vero e originario vizio che sta alla base di questa sconfitta e che, se non rimosso, porterà all’implosione del PD e condannare la sinistra italiana alla marginalità perpetua. A differenza di Francisco Franco, Renzi non è diventato segretario del PD e Presidente del Consiglio per un colpo di mano autoritario. Renzi non è altro che il risultato finale di un processo che, prima ancora della nascita del PD, ha smesso di formare e selezionare una classe dirigente, elevando l’autoreferenzialità a sistema. Meccanismi come le primarie, lungi dal dimostrarsi strumento di democrazia partecipativa e di promozione di una nuova e capace oligarchia politica, si sono caratterizzate spesso come una sorta di “OPA ostili” con il loro strascico di risentimenti e voglia di rivalsa. E’ stato sin troppo facile in una siffatta stagnazione di classi dirigenti, ergersi a paladini del nuovo e della “rottamazione” che, a differenza di quanto proclamato, ha reciso quel poco di radici che ancora resistevano nella nostra storia. A volte, abbiamo avuto la sensazione di essere stati catapultati in uno sketch del “Terzo Segreto di Satira”, in virtù di una narrazione che faceva (anche) dell’età anagrafica il vero spartiacque del cambiamento.

La politica è passione, è intelligenza. Quindi, cuore e cervello. L’efficienza della prostata non rientra tra i canoni del progressismo. Dalle Frattocchie alla Leopolda senza nessuna fermata intermedia. E ora che si ritiene di aver rottamato il rottamatore, c’è una strategia che non contempli “notte dei lunghi coltelli” o, peggio, voglia di non fare prigionieri? C’è davvero la voglia, anzi la consapevolezza, che occorre davvero impegnarsi per ricostruire un campo, quello della sinistra, che deve connotarsi per radicalità dei progetti, unica risposta alla radicalità dei problemi? Se ci illudessimo davvero che la soluzione stia unicamente nella necessità di individuare il “Belotti” del PD, la sconfitta di ieri, che va oltre il quesito referendario, non solo non curerebbe la cataratta da cui siamo (da tempo) affetti, ma ci graverà di un’altra grave responsabilità storica: consegnare anche l’Italia all’avventura populista e reazionaria.

La sinistra, il PD innanzitutto, torni alla sua funzione storica. Torni a studiare con impegno la realtà. Valuti che abbiamo bisogno di ridare speranza a tutti quelli che l’hanno persa aggiornando il nostro repertorio. Non si può rispondere alla rivoluzione mondiale della globalizzazione e dell’aggressione finanziaria, riproponendo il riformismo del secolo breve. La vera novità, la vera modernità, la vera risposta deve essere altrettanto rivoluzionaria. Un punto di partenza già c’è. Il nostro Falcao si è reso disponibile. Vogliamo iniziare a parlare di questo? Se alla prossima Direzione sentirò almeno qualche accenno in questo senso, se anche la minoranza dem recupererà senso di responsabilità e visione strategica, festeggerò con il cruciverba di Batterzaghi e un Jack Daniels doppio. E che si fotta la prostata.

Commenti