Sergio Mattarella rieletto

Con l’elezione di Mattarella in sicurezza le istituzioni apicali della Repubblica e l’Italia può ripartire da tre

I sei giorni della battaglia del Quirinale non sono stati certo edificanti e hanno ancora mostrato il basso livello di questa politica, la quale è in gran parte ancora una antipolitica fatta di partiti che non sono tali, e coalizioni che sono accrocchi per vincere le elezioni, ma incapaci di responsabili scelte di governo al momento del bisogno. Eppure, grazie al senso del dovere e, aggiungerei, dello Stato di uomini come Sergio Mattarella, le istituzioni (la presidenza della Repubblica, il governo ma anche la Corte Costituzionale, alla cui presidente proprio ieri è stato eletto una persona dello spessore politico e, perché no, tecnico di Giuliano Amato) sono in sicurezza. E questo vuol dire molto per l’Italia e per la sua credibilità internazionale nell’anno del Pnrr, dei soldi in arrivo (in gran parte a debito) dall’Europa.

Colpiscono le sobrie parole che il presidente Mattarella ha usato subito dopo che il presidenti di Camera e Senato lo avevano informato dell’avvenuta elezione (758 voti), il suo richiamo al momento della responsabilità e alle condizioni del Paese che gli impongono il dovere di non sottrarsi all’invito del Parlamento, mettendo da parte anche attese e prospettive personali. È il senso dello Stato che per questi uomini (tecnici o politici che siano) viene prima di altro. In questo modo il presidente rieletto è riuscito a mettere (quasi) in sicurezza anche il Governo Draghi, dopo che larga parte delle attuali forze politiche avevano cercato, con evidenti sgrammaticature costituzionali, di far dipendere l’andamento del voto per il Quirinale da una trattativa sulla formazione del Governo, alla quale lo stesso Draghi si era giustamente sottratto.
E qui la politica (in particolare Salvini che esercitava la sua leadership di un centrodestra evidentemente in crisi e non solo per i problemi fisici del Berlusconi) in modo tanto primitivo quanto arrogante. Che senso aveva proporre nomi a raffica (spesso di persone perbene e alti rappresentanti dello Stato), senza riuscire neanche a proporle al giudizio dell’aula? Alla quale l’unico nome proposto è stato, con il suo consenso, quello della seconda carica dello Stato, con gli esiti che la Casellati ha potuto tristemente constatare.

Ora bisognerà vedere se questo quadro politico incerto e frammentato peserà sulla maggioranza del governo Draghi, se il Pd che in questa fase ha giocato prevalentemente di rimessa, dando talvolta l’impressione di restare sui colpi, sia in grado di formare quell’annunciato campo largo, o se tutto si ridurrà a un tentativo velleitario di alleanza con i Cinquestelle, nei quali la guida di Conte, più volte in posizione di subordinazione a Salvini, non sembra aver dato risultati positivi. Il tutto mentre l’ipotesi delle dimissioni di Giorgetti preannuncia regolamenti di conti nella Lega che potrebbero pesare sugli equilibri di governo.

Insomma, anche la politica, per non restare antipolitica, ha bisogno di ripartire quasi da zero dandosi una precisa scala di priorità, ed evitando fughe in avanti, tipo fare eleggere direttamente il capo dello Stato. Semmai: rafforziamo il Parlamento, dandogli una seria legge elettorale, che affidi ai cittadini la scelta di deputati con il voto di preferenza o con i collegi ed un rilevante peso del proporzionale. Il presidenzialismo che tenta anche Renzi lasciamolo alla Meloni e ai populisti. Noi pensiamo a ricostruire la spina dorsale della repubblica democratica magari facendo finalmente una legge sui partiti (si potrebbe ripartire addirittura da un progetto Sturzo) che applichi l’articolo 49 della Costituzione. Qualcosa che potrebbe interessare anche un futuro Centrodestra, magari un po’ più centro e un po’meno destra dopo i risultati sin qui ottenuti dalla guida di Salvini. Al cui abbraccio ha saputo con tempestività e destrezza politico sottrarsi Casini che potrebbe essere punto di riferimento di quell’area centrista. Insomma qualcosa dovrebbe cominciare a muoversi anche nella politica vera.

Infine si è fatto un gran parlare in questi giorni della contrapposizione tra ruolo di tecnici e ruolo dei politici. Vorrei fare alcuni nomi, in gran parte del passato. Mi chiedo: Vanoni, Saraceno, Andreatta, Giolitti, Ruffolo, e, perchè no, Riccardo Lombardi, l’Ugo La Malfa della politica dei redditi, erano tecnici e politici? Erano prima di tutto servitori dello Stato. E lo stesso si potrebbe dire per Ciampi, già segretario del Partito d’azione livornese. E per il presidente Mattarella che è stato giudice costituzionale, e per Giuliano Amato attuale presidente della Corte Costituzionale. E non vale questo questo anche per Mario Draghi, che ora si trova a fare i conti con la politica in un periodo difficilissimo? Diciamo che in questi nomi di ieri e di oggi prevaleva e prevale il senso dello Stato. Vale lo stesso per Mattarella, Draghi e Amato. Tre nomi, tre persone per tornare a provare a dare speranza al Paese e attrattiva alla politica.

Foto in evidenza: Sergio Mattarella

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