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Dai ballottaggi buio a sinistra e lampi minacciosi da una destra a trazione Salvini

I ballottaggi di domenica scorsa hanno fatto emergere due dati incontrovertibili: un’impressionante sconfitta della sinistra (o se si preferisce centrosinistra, ma la questione non è lessicale) e un indiscutibile successo della Lega ormai saldamente alla guida di un centrodestra, nel quale ormai la presenza di Berlusconi è sempre più eterea. Il tutto mentre in un’Europa, sempre meno europeista, si avverte con chiarezza che l’Italia sta facendo di tutto per restare isolata.

Questo è il quadro, questo lo stato dell’arte. E allora cominciamo a guardare verso chi ha perso, per provare a capire di quanto ha perso e perchè ha perso. Ci tocca cominciare da quella che per tanto tempo è stata, non a torto, considerata una delle più rosse regioni italiane. Bene da oggi la Toscana non può essere più considerata lo zoccolo duro della sinistra. E tutto lascia pensare che qualcosa di simile stia succedendo nell’Emilia Romagna (vedi Imola) e in Umbria (vedi Terni). E allora ha ragione probabilmente Stefano Folli che, in un articolo su “Repubblica“, ci spiega come il buio a sinistra cominci proprio dai territori. “La perdita delle città storiche – spiega – è più grave della disfatta di marzo … perchè intacca il rapporto antico con il territorio, anzi dimostra che una certa relazione, sociale e culturale, prima ancora che politica, non esiste più“.

Insomma contano i tempi e i luoghi delle debacle elettorali. I tempi perchè la batosta di ieri segue quella del 4 marzo, la quale seguiva quella altrettanto evidente del referendum su una sconsiderata riforma costituzionale, che pure l’allora segretario del più numeroso partito di quel campo si era a tutti i costi voluto intestare. Contano anche i luoghi perchè Terni, Pisa, Siena, Massa e Imola, evocano la storia di quella che un tempo era la forza della sinistra italiana. Ma conta anche il fatto che dopo quelle sconfitte non c’è mai stata una seria e approfondita analisi del voto e del susseguente che fare, preferendo spiegazioni sloganistiche e vendicative, abbinate a proposte esclusivamente organizzative (non che facciamo, ma chi mettiamo, erano le domande) per rimandare a tempi migliori scelte politiche che avrebbero dovuto essere tempestive se non immediate.

Vale questo soprattutto per il Pd, ma non soltanto per il Pd. E’ innegabile che c’è da chiedersi come mai anche il progetto di Liberi e Uguali non sia servito a fermare la frana a sinistra, della quale hanno beneficiato prima i Cinque Stelle e, in un futuro che forse è già presente, potrebbero beneficiare anche la Lega e ,più in generale, le destre. Si apre, così, davanti alla sinistra (la si chiami come si vuole) la necessità di cominciare una lunga traversata in percorsi ostili e impervi. Certo può essere utile l’idea di riconnettersi con tutto il proprio popolo, e quindi di andare oltre il Pd e oltre LeU. Ma per andare oltre qualcosa occorre sapere cosa è il qualcosa da cui si parte. Sappiamo oggi cosa sarà il Pd e soprattutto sappiamo cosa è oggi il Pd? Io credo che non lo sappiamo noi e non lo sanno neanche quelli del Pd, che siano Renzi, Minniti, o l’esuberante Calenda. Purtroppo devo dire che le cose non sono così diverse neanche per LeU. L’unica cosa che sappiamo è che non siamo ancora riusciti a farlo partito e che sarebbe stato molto meglio averlo fatto. Almeno sapremmo da dove partire. Di questo dovremo occuparci nei prossimi giorni, in una discussione che dovrà essere tanto approfondita quanto di rapida durata. In politica il tempo non attende.

Intanto guardiamo a destra che succede. E’ uno scenario agghiacciante: Salvini e la Lega comandano, usano toni che definire arroganti è poco, minacciano di prendersela con i più deboli. I problemi sono i migranti che toglierebbero ai nostri giovani un lavoro che non si riesce a creare. E intanto questa aggressività piace. Non soltanto a destra. Spesso anche a sinistra tra coloro che trovano così un motivo in più per punire chi quella ondata di destra non è stato in grado di contenere. Ovvero la sinistra in senso lato.

In questo quadro anche il successo dei Cinque Stelle sembra sfumare. Poco conta aver viunto il ballottaggio a Imola e ad Avellino. Basta vedere il Governo e la sua maggioranza. Le carte le sta dando solo Salvini. Di Maio e Grillo per ora fanno buon viso a cattivo gioco, perchè temono il giorno (tutt’altro che lontano) nel quale la Lega proverà a giocare l’ultima carta: quella di mandare il Paese ad un ennesimo appuntamento elettorale che potrebbe successivamente portarla da sola al Governo del Paese. E i primi a soccombere potrebbero essere i due alleati paralleli di oggi: i grillini di Di Maio e un Berlusconi ormai già consegnato ai limiti della irrilevanza.
Il lavoro per evitare questo scenario da incubo è il dovere della sinistra. Ma non è detto che la sinistra lo sappia fare e soprattutto che voglia attrezzarsi per farlo.

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