C’era una benché minima possibilità che, non dico si vincesse, ma si potesse raggiungere un risultato dignitoso alle regionali umbre? No, non c’era. E per più di un motivo.
Innanzitutto la “questione morale”: si paga solo a sinistra. Nel nostro paese c’è una vasta area progressista, riformista e di ceto medio più o meno illuminato che al rigore e alla trasparenza di chi governa tiene moltissimo e non fa sconti di alcun tipo. Dopo lo scandalo che ha travolto l’ex Presidente della Giunta Regionale dell’Umbria e gran parte del gruppo dirigente del PD, era chiaro che non si sarebbe toccata palla. Stiamo parlando, giusto per dovere di cronaca, di uno scandalo che ha per oggetto pressioni per far assumere in una ASL della Regione persone raccomandate. Insomma, un concorso truccato. Se fosse tutto confermato dall’inchiesta ancora in corso, sarebbe un disdicevole e inaccettabile comportamento politico, amministrativo e personale. Avrebbe, tra l’altro, penalizzato “il merito” e a far incazzare la Bellanova è un attimo! Ma il “popolo di sinistra”, e quello ad esso contiguo, non aspetta il terzo grado di giudizio, nemmeno il primo in verità, per emettere la propria sentenza e ti punisce immediatamente.

Di contro, c’è un’altrettanta vasta area che dal berlusconismo ha subito una mutazione, una metamorfosi, quasi genetica, che dei presunti reati, dei comportamenti politici riprovevoli, non gliene importa una beata mazza e premia soltanto chi sente vicino alla propria pancia. Infatti, le vicende di “Moscopoli”, se anch’esse confermate, sarebbero di una gravità talmente inaudita che le raccomandazioni umbre impallidirebbero al confronto. Non solo, ma la prossima Presidente ha già avuto esperienze amministrative quale sindaca di Montefalco con risultati veramente brillanti: ha condotto il suo comune sull’orlo del default finanziario. Nulla di tutto ciò ha scalfito la fiducia della maggioranza degli elettori umbri. E questo è già un elemento su cui riflettere seriamente.

Il secondo aspetto è il fallimento dell’alleanza elettorale giallorossa.
Venerdì scorso, a Narni, si è svolta una manifestazione che ha visto protagonisti, con tanto di foto ricordo, Conte, Zingaretti, Di Maio e Speranza. I pilastri dell’alleanza di governo. Assente furbescamente ingiustificato, Matteo Renzi. Erano lì non tanto per sostenere il candidato Bianconi quanto per spiegare la manovra economica, quella sino ad oggi adottata con la ridicola formula “salvo intese”. Significa, cioè, che i saldi, le risorse previste nel loro complesso, non si toccano, ma che i singoli capitoli di entrate e uscite possono essere riscritti. Ora, senza entrare nel merito della prossima Legge di Bilancio, sono politicamente credibili quattro soggetti che sino al giorno prima se le sono date di santa ragione su ogni atto del nuovo governo, non solo sugli aspetti economico-finanziari?

Alle politiche del 2018 in Umbria la coalizione di Centrodestra raccolse complessivamente quasi il 37% dei consensi, quella di centrosinistra il 27,5, a cui aggiungere il 3% di LEU, il Movimento 5 Stelle quasi il 28%.
In questa tornata amministrativa il centrosinistra sostanzialmente tiene nonostante la flessione del PD e il quasi 20% di elettorato grillino ha votato a destra. Chi sostiene che temi come “onestà” e “questione morale” abbiano la stessa radice; che il reddito di cittadinanza, bene o male, è una risposta alle crescenti e diffuse povertà e che la lotta ai privilegi sono terreni su cui è possibile costruire un’intesa perché comuni anche alla sinistra, dice il vero. Talmente vero che sconfina nell’ovvio. Il problema è un altro, e cioè siamo proprio sicuri che la stragrande maggioranza di quegli elettori abbia premiato alle scorse politiche quel movimento soprattutto perché volevano si affermassero quei temi? Se così fosse, alle scorse europee con reddito di cittadinanza già approvato e riduzione dei parlamentari in vista, avrebbero dovuto essere premiati. E invece e successo il contrario. Hanno scontato l’eccessivo protagonismo di Salvini? Anche. Probabilmente, però, SalviniMeloni hanno intuito per primi quale fossero le vere pulsioni di quell’elettorato e cioè una sorda e violenta rivolta contro la “casta”, concetto terribile e qualunquista che, coniato e diffuso da chi qualunquista probabilmente non è, ha spalancato le porte, ha aperto praterie al più becero e pericoloso qualunquismo. Aridatece Guglielmo Giannini, verrebbe da urlare.

Il problema vero è che un argine alla valanga neroverde, non c’è. Non c’è ancora.
Non lo è il PD che di tali effetti è stato in larga parte causa. Non lo è chi è alla sua sinistra, che ha fallito il proprio disegno strategico e ora galleggia nel guado dell’irrilevanza politica. Non lo sarà Italia Viva nata per garantire un futuro ad una classe politica che correva il rischio di scomparire.
Forse è stata persa un’occasione che, speriamo, non sia irripetibile.
Quando Salvini decretò la fine del governo, i suoi consensi erano in ribasso pur mantenendosi la Lega intorno al 30%. Accettare la sfida elettorale avrebbe probabilmente significato, e non poteva essere altrimenti, sfidare la destra su un’idea di Paese. Non, quindi, un referendum pro o contro Salvini, ma tra civiltà e oscura regressione e avrebbe costretto i 5 Stelle a schierarsi, pena la loro inutilità politica.
A questo punto davvero si corre il rischio di consegnare il Paese a chi, annualmente, si ritrova a Predappio.
Una sinistra che non è né carne né pesce, non può attardarsi nel dibattere se con i grillini si possa costruire o meno un’alleanza strategica . Non saranno i risultati della Calabria prima e dell’Emilia Romagna poi, a seconda degli esiti, a indirizzare un tale dibattito.
I risultati elettorali degli ultimi due anni, ci dicono, caso mai non si fosse ancora capito, che la destra esercita un’egemonia culturale nel Paese come nemmeno ai tempi del miglior Silvio Berlusconi.
Non potrà essere la somma aritmetica di chi di destra non è a contrastarla.
Occorre costruire una proposta, un profilo culturale e politico nuovo e smaltire tutta sta monnezza che ci portiamo dietro.
Un nuovo soggetto politico che chiarisca con i 5 Stelle qual è la loro idea di democrazia, di accoglienza e integrazione, di sviluppo e politiche industriali, di diritti civili e dei lavoratori, di Europa.
E, scusatemi, non aspetterò che mi dia il via la piattaforma Rosseau.

Foto in evidenza: Roberto Sperenza (LEU), Nicola Zingaretti (PD), Luigi Di Maio (5Stelle), Giuseppe Conte (presidente del Consiglio)

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