Quindi il governo Conte bis pare proprio cosa (quasi) fatta. Certo, rimane l’incognita Rosseau – la piattaforma, non il filosofo – e il profondo malumore di Giggino Di Maio che oramai sta sulle balle anche a Beppe Grillo. A leggere ed ascoltare i primi commenti, soprattutto quelli di “sinistra”, sugli organi di informazione e sui social, non un governo di necessità si profila all’orizzonte (a proposito, leggetevi sulla questione l’ottimo articolo di Guido Compagna su l’Argine.it), ma se non proprio la realizzazione di una società socialista, qualcosa che ci assomiglia molto. E’ un coro un po’ strano di consensi, a dire il vero.

Ognuno ha la sua personale idea su ciò che il “governo di svolta” farà. Dalle parti di Art. 1, Sinistra Italiana e quel che rimane di LEU, sono pressoché certi che interverrà modificando il Jobs Act, la legge sul mercato del lavoro voluta dal Governo Renzi. Personalmente, con il senatore di Scandicci che ha oggettivamente la golden share del nascituro governo, la vedo un po’ difficile, però perché uccidere i sogni prima dell’alba?
Anzi, al riguardo una proposta la faccio io. Anziché pensare ad eliminare, o solo proporre di farlo, le norme che limitato l’art. 18 e quelle sui licenziamenti collettivi, perché mai Renzi acconsentirà, perché non investire sulla “seconda parte” di quel Decreto e finanziare adeguatamente e seriamente misure per le politiche attive del lavoro? Sarebbe una cosa molto più di sinistra che la vice presidenza unica del Consiglio.
Poi staremo a vedere dove trovare adeguate risorse per finanziare investimenti pubblici, per la green economy, la sanità, il cuneo fiscale e la sterilizzazione dell’aumento dell’IVA.
Ovviamente, si dovrebbe intervenire su “reddito di cittadinanza” e “quota 100” ma vale per i 5 Stelle ciò che vale per Renzi a proposito del Jobs Act: rimangono come sono e dove sono.

Sarebbe stato meglio che il governo gialloverde non fosse caduto e si assumeva lui la responsabilità di una legge di bilancio onestamente difficile da costruire? Ovviamente no, siamo felicissimi che il Caporale sia stato mandato a casa e un governo pericoloso sotto molti punti di vista caduto. Pericolosità, giova ricordarlo, data non solo da Salvini ma anche dai suoi alleati che hanno approvato senza battere ciglio le peggiori nefandezze, Presidente del Consiglio compreso.
Personalmente, trovavo più sensata la proposta di chi – pochi, pochissimi – riteneva di dover accettare la sfida del Capitone ed andare al voto, sempre se fossimo stati capaci di elaborare quattro/cinque proposte di governo che ci qualificassero come alternativa credibile ai sovranisti. E populisti, aggiungo.

Leggo e ascolto, invece, di analisi sulla vicinanza del popolo dei grillini a quello della sinistra, ché quelli di destra già alle Europee hanno votato Lega. Mettiamoci d’accordo. Nel ’94 qualcuno ci spiegò che la Lega era nient’altro che una costola della sinistra. Al netto di pulsioni razziste e antimeridionali che orgogliosamente esibiva, era un movimento che sul territorio rivendicava temi che la sinistra aveva abbandonato. Era vero e, sicuramente, questo aspetto è stato sottovalutato ritenendolo un puro espediente tattico per allontanare Bossi da Berlusconi. Cosa che puntualmente avvenne. Succede poi che una roccaforte rossa e operaia come Monfalcone eleggesse un sindaco leghista per capire che di realtà si trattava, non solo di tattica. Bene, a distanza di 25 anni scopriamo che di costole ne abbiamo sacrificate due, l’ultima a favore dei 5 Stelle. Se non ci si da una mossa in termini di proposta politica – ecco la mia propensione al voto – manco con un busto addominale ci teniamo su.

In realtà, la vera e più grave accusa nei confronti di chi ha mostrato perplessità rispetto a questa nascente intesa, è quella di non capire la reale gravità della situazione che imponeva e impone una necessaria alleanza contro la minaccia antidemocratica di Salvini e per la messa in sicurezza dei conti del Paese. E quale figura evocare in situazioni di questo tipo se non Togliatti e la sua “svolta di Salerno”? Un florilegio di togliattiani e togliattismo che non mi sarei mai aspettato.

Intanto chiariamoci su un punto, sono orgogliosamente togliattiano – da tempi non sospetti – ma non staliniano. Infatti, la “svolta di Salerno” fu voluta e imposta da Stalin e Togliatti ne fu il fedele e brillante esecutore. Questo è una circostanza su cui nemmeno gli storici litigano più.

Ma come si fa a paragonare i due contesti storici? Il paese in cui rientra Togliatti è segnato da una serie di sciagure materiali e di miserie morali che gli appaiono come la definitiva conferma della catastrofe nazionale cui il fascismo e la monarchia hanno condotto l’Italia, la guerra è ancora in corso e l’Italia subisce una doppia occupazione: al sud gli Alleati, nel centro nord le truppe naziste.
Per quanto fascistoide, non mi sembra che la politica gialloverde abbia ridotto o rischiava di ridurre l’Italia in quelle condizioni, siamo seri.

Ma la domanda vera che pongo e che mi pongo è la seguente: ma siamo davvero così ridotti male a sinistra da ritenere persa in partenza la partita da giocare contro gente come Salvini e Di Maio?
Io penso di no. Credo e temo abbiano prevalso altri disegni tattici e strategici che Zingaretti – l’unico che comunque salvo – sia stato costretto a subire.
Lancio una scommessa e chiunque l’accetterà sappia che sono disposto a pagare dieci volte la posta concordata. Non se ne è parlato apertamente, solo qualche sussurro, ma la riforma della legge elettorale in senso proporzionale sarà una delle priorità della agenda governativa. Una volta approvata, qualche togliattiano di oggi, tornerà ad essere il doroteo di sempre.

Foto in evidenza: Palmiro Togliatti

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